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Lavoro, il governo ha solo tavoli di crisi aziendali: fino a 170mila posti a rischio

Pubblicato il 20/08/2020 16:15

La crisi sta divorando l’Italia, e il governo sembra ancora starsene fermo a guardare. Solo per dare alcuni dati, al momento sono 170mila i posti di lavoro coinvolti. I tavoli di crisi aperti al ministero dello Sviluppo economico non si contano più. Tra tutti, la vicenda dell’Ilva è certamente tra le più complesse per l’Italia, con circa 4mila addetti in cig. Come spiega Il Sole 24 Ore, “tra le crisi aziendali più recenti ci sono Bekaert ed ex Embraco, per le quali il ministero fa sapere di avere già a settembre un calendario fitto di incontri”.

Il turismo è il settore dove il crollo delle presenze e dei fatturati sta determinando lo scenario peggiore. Con ripercussioni drammatiche sul mercato del lavoro. Il segretario generale della Fisascat Cisl, Davide Guarini, al tavolo con i ministri del Lavoro, Nunzia Catalfo, e di Beni e Attività culturali e Turismo, Dario Franceschini, ha spiegato al Sole che “è evidente che l’assistenzialismo non è sufficiente, sono urgenti investimenti pubblici e privati per accompagnare lo sviluppo turistico del paese e la riqualificazione delle infrastrutture, preservando l’occupazione”.

Allargando l’obiettivo, cosa sta succedendo o potrebbe succedere nei prossimi mesi in tutto il mercato del lavoro? La fine del lockdown ha significato una conta dei danni inimmaginabile. L’automotive che si è completamente fermato o all’edilizia. Per non dire della moda e delle collezioni perse. Al di là delle crisi aziendali che sta gestendo il governo al Mise, “i posti di lavoro a rischio nel 2020 si possono stimare tra i 530mila e i 655mila”.

Questo, però, sarebbe lo scenario positivo che “tiene conto dell’auspicabile proroga del blocco dei licenziamenti e della proroga a tutti i settori degli ammortizzatori sociali fino alla fine dell’anno”. A valle dei settori, infatti, c’è l’indotto. Una carica di milioni di piccole imprese che è stata investita dall’onda della crisi ma anche dalla mutazione digitale che la ha accompagnata. Il vero problema, però, non è per i grandi marchi, ma nella lunga filiera: le piccole imprese non reggono le difficoltà, non riescono a stare sul mercato. E in tutto questo il governo dov’è?

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