di Alessandro Trigona.
La storia ci racconta che quando chiesero a Churchill di tagliare i fondi per l’arte per sostenere lo sforzo bellico, lui rispose: «Ma allora per cosa combattiamo?».
Enfatico, retorico, ma il premier inglese sapeva bene il valore dell’Arte e della Cultura.
Bisogna allora tenere presente il suo pensiero e fare fronte oggi alle difficoltà di una categoria, quella di chi crea, che la Pandemia sta letteralmente mettendo in ginocchio.
Alcune iniziative sono state certo adottate erogando fondi a imprese, produzioni, teatri ma lì quei fondi restano e poco in realtà arriva agli autori, a chi pensa, compone, scrive i libri, i film, le musiche, gli spettacoli che ci rallegrano, ci accompagnano, ci commuovono, ci emozionano.
Quella degli autori è una categoria fragile, infatti, precaria per antonomasia, priva di ogni tutela, di assistenza e previdenza, senza alcuna garanzia, stipendi, tredicesime, buoni pasto o altro. Eppure è una categoria fondamentale che comprende chi traduce in Arte e Cultura il nostro comune sentire e che trasmetterà ai nostri posteri il senso di questo nostro sofferto presente: i camion dell’esercito che da Bergamo portavano via le bare dei morti valgono il corteo verso il quale andava incontro colei che «scendeva dalla soglia d’uno di quegli usci…» di manzoniana memoria.
Allora ci sono diversi modi per sostenere chi crea, di aiutarli: riconoscendo loro una somma di denaro da erogarsi direttamente, in conto corrente, come si sta già facendo per molte altre categorie in difficoltà, ma anche esentandole da qualsiasi forma di tassazione, diretta e/o indiretta, sui proventi derivanti dai diritti d’autore a loro spettanti.
La SIAE presieduta da un grande della canzone italiana, il Maestro Mogol, sta dando vita, infatti, a una ripartizione straordinaria dei proventi del diritto d’autore per poter sostenere i propri Associati in questo momento di estrema difficoltà economica. Analogamente, stanno facendo gli artisti interpreti ed esecutori, attori e musicisti, attraverso le loro Collecting Society.
Non si parla di soldi pubblici. Ma di soldi loro, degli autori e artisti, derivati appunto dall’intenso sfruttamento che gli utilizzatori stanno facendo delle loro opere. Opere di ogni genere: musica, cinema, televisione, letteratura, teatro. Opere che appunto divertono, emozionano, distraggono, accompagnano e commuovono. Che magari possono non piacere o addirittura irritare, ma che sono un vero patrimonio per la nazione, la nostra nazione. Allora perché tassarli?
Si eviti ogni forma di imposizione fiscale, diretta e indiretta, sui proventi del diritto d’autore per gli autori e per gli artisti interpreti ed esecutori.
Non si chieda sangue a chi ormai ne ha poco.
È pur vero che alcuni autori e artisti hanno potuto, nel tempo, accumulare ricchezze importanti, ma la maggioranza no, è in difficoltà sebbene le loro opere siano di grande qualità artistica e culturale. Spesso il successo commerciale di un’opera non coincide con un suo reale, effettivo valore artistico. Anzi. Spesso è il contrario. Così va il mondo. Si sa.
In ogni caso, si sostenga chi crea e, attraverso loro, la nostra arte, la nostra cultura.
Lorenzo de’ Medici lo avrebbe fatto. La sua notorietà non è certo data dalle sue imprese finanziarie e bancarie, ma per quello che lui e la sua famiglia hanno fatto per l’Arte e la Cultura, sostenendo uno dei più grandi movimenti culturali e artistici dell’umanità: il Rinascimento.
Allora oggi non basta limitarsi ad auspicare che un nuovo Umanesimo piova dal cielo. Si gettino le basi perché ciò possa avvenire.
Si sostenga chi crea perché questa farà sì che qualcosa di tutto quello che oggi viviamo, le nostre stesse angosce, possa davvero rimanere, qualcosa di artisticamente e culturalmente degno di essere comunque trasmesso a futura memoria.
*Autore e scrittore, membro della Commissione SIAE-Cinema e dell’esecutivo dell’Associazione Nazionale Autori Cinematografici (ANAC), esponente del costituendo Coordinamento AUT-AUTORI.