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Il lavoro distrutto dalla sinistra. Un Paese allo sbaraglio

Pubblicato il 05/06/2022 07:57 - Aggiornato il 05/06/2022 07:59

Chi ha bisogno delle statistiche o delle tabelle dell’Ocse per rendersi conto del pessimo stato delle retribuzioni in Italia e della compressione del potere d’acquisto delle famiglie o è in malafede oppure è uno sciocco. Di sciocchi nel Palazzo ne vedo pochi. Lo sbriciolamento dei diritti del lavoratore è il risultato di un processo cosiddetto riformista ma che in realtà ha solo allargato i divari tra lavoratori, tra lavoratori e quadri, tra uomini e donne, tra giovani e adulti, tra aree geografiche. Questo progetto è stato disegnato ad arte facendo leva su due parole tanto false quanto suadenti: riformismo e modernità. I riformisti – tanto nel centrodestra quanto nel centrosinistra – costituiscono il cavallo di Troia dei modernisti, etichetta pop per dire neoliberisti. (Continua dopo la foto)

Basta stare nel Paese, basta parlare con le persone in carne ed ossa per capire il subbuglio italiano: la progressiva riduzione degli stipendi, lo sfibramento dei diritti del lavoratore dipendente o autonomo. Non passava governo che non toccasse una riforma del lavoro, accompagnata da una letteratura tossica di falsi miti: i giovani non vogliono il lavoro fisso, il contratto a tempo indeterminato è il retaggio di un mondo che è cambiato; aprire una partita iva significa essere imprenditori di se stessi; la flessibilità e la formazione sono la salvezza di chi esce dal mondo del lavoro, il lavoratore sarà sempre più in concorrenza con app e intelligenza artificiale, e via dicendo. Tutte fesserie, tutte menzogne, vergate dagli stessi che non mollano le loro posizioni di potere nemmeno un secondo. Il mondo normale è spaccato in guerre e in competizioni che si giocano tutte nella parte medio bassa della società. Il dimagrimento del ceto medio è l’erosione del risparmio cumulato, è la messa all’angolo di una fetta enorme della popolazione cui viene negato il diritto di esistere. Di contro gli alti dirigenti e i manager allungano i loro mega stipendi. (Continua dopo la foto)

E’ inammissibile che nelle famiglie ci sia la competizione tra genitori e figli per un contratto di lavoro vero. Non c’è niente di moderno nel ritardare l’inserimento nel lavoro dei giovani condannati alla formazione perenne o a lavori sottopagati. Non è un mondo solido quello per cui l’ultima spiaggia diventa andare a fare il fattorino nella lunga filiera feudale delle consegne a domicilio di qualsiasi cosa. Ed è ipocrita – come sta facendo ora il governo sostenuto anche da Salvini – avere prima il ministro del Turismo Massimo Garavaglia e subito dopo quello dell’Interno Luciana Lamorgese aprire al decreto flussi solo perché non si sa come giustificare l’ondata di sbarchi. (Continua dopo la foto)

Le chiacchiere si fermano di fronte ai fatti. I cinquantenni sono ricattati col vaccino, ultima prova per vedere quanto sei disposto a cedere di fronte all’arroganza del Potere: e a 50 anni ti vaccini perché se perdi il lavoro sei fuori. Il personale sanitario, sano, viene tenuto fuori dall’organico se non piega la testa. Gli indebitati o accettano lavori e paghe “moderne” oppure saranno stritolati da banche e aguzzini. I giovani o accettano la formazione a basso costo e a zero diritti oppure ci sarà uno straniero disponibile sul mercato. I piccoli imprenditori non possono assumere, non possono crescere perché nessuno li protegge dai furbi e dai colossi. Questo Paese che il 2 giugno consumava la liturgia della parata, presto si girerà male. Scenderà in piazza. E nessuno potrà nascondere le proteste dei balneari, dei pescatori, dei ristoratori, dei giovani disoccupati, dei cinquantenni licenziati e condannati alla invisibilità, dei tassisti minacciati da Uber, del commercio cancellato da Amazon e via dicendo. Di fronte a questa Italia in profonda sofferenze, la Lamorgese non potrà più schierare il suo braccio armato come ha fatto in questi mesi. Stavolta il moto ondulatorio arriverà a Palazzo Chigi. E spazzerà tutti.