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Giusto per fare due conti

Pubblicato il 12/11/2020 13:25

di Gavino Nurra.

A fine gennaio 2010 ci arrivò la notizia della comparsa della malattia da Coronavirus in Cina. Secondo i dati cinesi essa aveva una mortalità globale del 3,4 % degli ammalati unita ad “soglia di immunità di gregge” del 60%.

Presi carta e penna, calcolai 60 milioni di abitanti per l’Italia, di questi il 60% si sarebbe ammalato ed il 3,4% ne sarebbe morto. Ne rimasi esterrefatto, i morti, considerando giusta la stima, ci sarebbero stati circa 1 milione e 250 mila prima che l’epidemia si fosse esaurita in modo naturale, ovvero senza misure di contenimento.

Per fortuna i dati cinesi erano sbagliati. Oggi sappiamo che verosimilmente la mortalità globale si attesta sullo 0,9 % con differenze importanti legate al reddito pro capite, all’età media della popolazione, al tasso di urbanizzazione, alla percentuale di posti di rianimazione disponibili.

Ad esempio un paese come la Nigeria, con un’età media inferiore ai 20 anni, avrà un tasso di mortalità bassissimo per quanto tutti gli altri fattori tendano a spingerlo verso l’alto. L’Italia invece, avendo la popolazione più vecchia del mondo, unitamente al Giappone, tende a avere il massimo di mortalità che però viene attutito dagli altri fattori. Il problema rimane il basso numero di posti di terapia intensiva.

Detto questo rivedendo le stime, tenendo per buona una mortalità globale dello 0,8 %, quanti morti dobbiamo aspettarci in Italia, lasciando intatta la famosa soglia di immunità di gregge al 60%.

Questa soglia però diventa più attendibile mano a mano che passa il tempo. Oggi si pensa che essa si sia verosimilmente sul 30%.

Facciamo i soliti due conti.

E’ dura scriverlo ma, stando così la situazione, l’epidemia lascerebbe sul campo circa 188.000 persone.

Questo ovviamente senza alcuna misura di contenimento.

A proposito di queste ultime. Nessun organo ufficiale ha chiarito che queste non fermano assolutamente l’epidemia (a meno che non si prendano misure alla nordcoreana), semplicemente la rallentano.

La si rallenta per permettere agli ospedali e alla sanità territoriale di poter gestire la malattia senza esserne travolta.

Ahimè, mi rincresce sottolineare che con soli 6000 posti in terapia intensiva, frutto di politiche insensate, questo da noi sarà estremamente difficile.

Quindi per concludere, siamo ancora lontani dalla fine, non sono allarmista, non sono catastrofista, neppure negazionista o terrapiattista.

Mi limito a leggere i numeri. Se le cose sono veramente così siamo ad un terzo della strada da percorrere prima di riveder la luce.