di Emanuele Cavallo, ItalExit Sicilia
“Il debitore risponde delle proprie obbligazioni con tutto il suo patrimonio presente e futuro” è un principio di fondamentale importanza, sancito dal nostro ordinamento giuridico a presidio della garanzia del credito. Ci sono dei casi particolari però in cui questo va in contrasto con principi di altrettanto valore economico sociale, in quanto anche il debitore, trovandosi in una situazione di difficoltà dovuta alla crisi economica (non di certo da lui dipesa) è un soggetto meritevole di tutela. Invece, con le nuove normative, si vede sottrarre le proprietà repentinamente, con una ridottissima possibilità di opposizione e con una pressoché nulla forza contrattuale.
Si fa riferimento alle modifiche delle procedure di esproprio e di vendita all’asta dei beni immobili apportate nel 2015 dal Governo Renzi, le quali hanno generato un’accelerazione vertiginosa all’iter di pignoramento e vendita a cui ha fatto seguito un pericoloso e ingiusto incremento del deprezzamento dei beni, secondo il principio del “meglio incassare poco che nulla”. Una modifica certamente favorevole alle banche, alle società finanziare e agli speculatori immobiliari, ma a tutto svantaggio del debitore.
Oggi, ad esempio, un bene immobile periziato 200 mila euro entro un anno subisce un deprezzamento del 75% e non riesce quasi mai a coprire il debito e a soddisfare il creditore. Dunque in tale situazione cosa accade? Dato che nella maggior parte dei casi, prima del pignoramento, il debitore ha già pagato una quota consistente del debito e degli interessi, a tali incassi la banca andrà ad aggiungere il ricavo ottenuto dalla svendita dell’immobile, andando a coprire gran parte del valore del credito deteriorato. Chi compra l’immobile (spesso si tratta di società speculatrici) ha il maggior guadagno in quanto acquista il bene ad un prezzo nettamente inferiore al suo valore reale. Nonostante alcune norme che affidano al giudice dell’esecuzione la valutazione dell’eccessivo deprezzamento conferendogli la discrezionalità di sospendere le aste per infruttuosità, ciò, di fatto, non accade mai, in quanto l’obiettivo dell’esproprio è la vendita “a qualsiasi costo”. Proprio di questi giorni è la denuncia pubblica di Confedercontribuenti di Catania che propone iniziative legislative finalizzate ad arginare ogni attività speculativa a discapito degli esecutati. L’associazione sta presentando un disegno di legge per estendere la legge antimafia al sistema aste, data la pesante infiltrazione delle organizzazioni criminali nel sistema delle aste giudiziarie.
Gravissima invece è la situazione del debitore che si troverà senza casa ed ancora indebitato
Le leggi attualmente presenti nell’ordinamento giuridico a tutela del debitore si rivelano nella gran parte dei casi inefficaci. Si fa riferimento alla legge 3/2012 sul sovraindebitamento e alla legge “blocca aste”. Le norme contenute nelle due leggi sono farraginose, prevedono paletti e vincoli che ne restringono la platea dei beneficiari e di conseguenza risultano di difficile attuazione. Vediamole brevemente:
La prima non è una legge approvata per affrontare le aste giudiziarie, ma per evitare che si arrivi alla espropriazione dei beni. Prevede opzioni come la vendita pilotata dei beni del debitore o la possibilità dell’esdebitamento la quale consiste nella costruzione di un piano di rientro con l’ausilio dell’organo della composizione della crisi finalizzato a proporre al giudice un saldo e stralcio della posizione debitoria, su tutto l’ammontare dei debiti. Se si rispettano gli stringenti requisiti e se il giudice, soprattutto, valuta fattibile la proposta e la approva, inizia il rientro al termine del quale il debitore nulla deve più anche qualora non pagasse l’intero importo del debito. Purtroppo è una procedura complessa che, come suggeriscono i dati statistici, spesso non va a buon fine.
La seconda legge chiamata “blocca aste” invece, blocca la facoltà di disporre il rilascio dell’immobile con effetto immediato (cioè mette un piccolo argine alla riforma Renzi) e prevede la possibilità per l’esecutato di chiedere al procedente la rinegoziazione del mutuo, richiesta che la banca o il creditore possono liberamente rifiutare. Se il debitore non è in condizioni sia per la mancanza di reddito che per merito creditizio, può intervenire un familiare prossimo, sempre a patto che il creditore accetti. Un lieve miglioramento rispetto alla riforma Renzi ma comunque insufficiente a fornire qualsiasi forma di tutela al debitore.
Le proposte di Italexit con Paragone – Sicilia, consistono in:
- Sostituire la riforma Renzi con una norma che pone un limite al prezzo minimo al quale il curatore fallimentare può vendere l’immobile oggetto dell’asta. Il prezzo di vendita potrà essere al più inferiore al 20% del minore tra il valore venale o di mercato.
- Istituzione di un fondo pubblico accessibile a coloro i quali, pur essendo al di fuori del circuito del credito bancario, conservano una capacità reddituale. Tale fondo può essere utilizzato per fornire alla Banca il valore (deprezzato) del bene oggetto dell’esecuzione e trasferire il credito allo Stato. In tal modo l’esecutato dovrà restituire il debito allo Stato e non più alla Banca, la quale otterrà il valore d’incanto.
- Prevedere nella dotazione del fondo una quota da destinare a salvaguardia della prima abitazione e dei nuclei familiari caduti in stato di permanente difficoltà. La prima abitazione va tutelata in TUTTI i casi.
- Togliere all’Agenzia delle Entrate la possibilità di insinuarsi nelle procedure fallimentari relative alla prima casa e agli impianti commerciali, industriali e artigianali utili all’imprenditore fallito a ricominciare la propria attività. Lo Stato deve tutelare la prima abitazione e deve aiutare il debitore a ripartire economicamente ad esempio togliendo, in questi casi, interessi e mora, non invece tentando di recuperare qualcosa dal suo fallimento, aggravandone la condizione, così come spesso accade oggi.
- Applicare con immediatezza la legge anti-mafia alla legislazione sulle aste immobiliari per impedire che le organizzazioni malavitose riciclino il denaro frutto di attività illecite nell’accaparramento di immobili civili e commerciali messi all’asta in seguito al fallimento di privati cittadini e imprese.
Uno studio condotto dal Comitato scientifico ASTASY, raffrontando i dati del primo semestre del 2019 a quelli del primo semestre del 2018, registra un aumento del 24% degli immobili finiti all’asta, per un valore complessivo di oltre 30 miliardi di euro. Lo studio è fermo ad agosto 2019 e mancano tutte le azioni che si genereranno verosimilmente nel 2020 per via della pandemia. Quali sono le previsioni? I debitori nei prossimi mesi avranno a che fare con i cessionari del credito che avvieranno tutte le procedure per il recupero. Potremmo assistere ad una macelleria sociale, ad una carneficina che gioverà solo agli speculatori.
È urgente agire subito! Notiamo un totale disinteresse delle forze politiche su queste questioni. Chiediamo al Parlamento di modificare immediatamente la legislazione nel senso da noi proposto.