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Anche Tremonti ora spinge l’Italia fuori dall’Ue: “Si deve fare come la Gran Bretagna”

Pubblicato il 24/02/2020 11:16

Ma perché l’Italia deve essere messa in ginocchio non per una sua volontà per volontà dell’Ue? L’Europa vive un’altra (l’ennesima) fase di drammatica debolezza, soprattutto economica. Tutti hanno ormai capito che il loro modello è fallimentare, eppure da Bruxelles continuano a imporre paletti e regole assurde che bloccano il nostro Paese, con quei geni al governo che chinano il capo e accettano. Chi ci ha visto più lungo di tutti è certamente la Gran Bretagna, che con un arrivederci e grazie si è salvata uscendo da questa Unione assurda. È interessante a questo proposito condividere alcuni degli spunti di riflessioni forniti da un europeista ed euroscettico sui generis, Giulio Tremonti. In un’intervista pubblicata su Libero, il professore spiega: “Bisogna porsi in modo costruttivo, responsabile e non terrorizzante se si vuole essere ascoltati”.

“L’asse del potere europeo negli ultimi anni si è spostato dai governi nazionali e dalla commissione Ue verso la Banca Centrale Europea e questa a sua volta ha firmato una cambiale suicida a favore del mercato finanziario internazionale, dominato a sua volta in automatico da robot e algoritmi. In questo modo l’Unione va verso un rischio fatale. Con i tassi zero i fondi pensione le assicurazioni tedesche e delle altre nazioni non potranno più finanziare lo Stato sociale. E per contro, ahimè, non è stato trovato ancora l’algoritmo che permette di riportare i tassi a norma senza generare una devastante crisi finanziaria”.

L’Europa, dunque, ha perso potere politico ed economico. Continua Tremonti nella sua analisi: “Si è rovesciata la piramide politica e istituzionale dell’Unione a causa della globalizzazione e per bulimia di potere. Oggi gli Stati sono sovrastati da una struttura istituzionale che sorregge un corpo politico che soffoca le nazioni con regole superflue, come mero esercizio di potere. La Ue produce dieci chilometri lineari di regole l’anno. Legifera perfino sulla circolazione delle salamandre. L’Inghilterra se ne è andata perché si sentiva soffocata, tant’è che per prima cosa, dopo la Brexit, si è liberata di ventimila leggi europee. Quando fu deciso il referendum a Londra, a Bruxelles dibattevano dell’altezza dei tacchi delle parrucchiere e scrivevano 127 pagine per disciplinare gli sciacquoni dei water”.

“Questi eccessi spiazzano l’economia europea e le rendono difficile muoversi efficacemente nella competizione globale, oltre ad alienare la Ue agli occhi dei cittadini, perché si sentono violati nei loro stili di vita”. Tremonti dunque suggerisce, con metafora: “Si deve usare la chiave inglese”. Cioè andarsene, come hanno fatto gli inglesi. “Bisogna di far capire che il passo indietro è nell’interesse non solo di uno Stato, nella fattispecie l’Italia, ma dell’Europa stessa, che non può continuare con ventimila regole. L’Unione è forte con i deboli, ma debole con i forti”.

“Ora la Ue fa quel che non dovrebbe fare, non solo produce un’infinita quantità di regole, ma lancia anche il Mes, lo strumento per fregarci un’altra volta e prendere i soldi italiani come fecero in favore delle banche francesi e tedesche grazie alla troika. Allora la Bce, l’Fmi e la Commissione devastarono la Grecia e per salvare gli istituti dei grandi Paesi, tradirono lo spirito dell’Europa, che è la solidarietà. Così facendo però ha perso il contatto con i popoli, che chiedono sicurezza e difesa anziché regole economiche. La crisi della globalizzazione, inseguita in modo fanatico negli ultimi trent’anni dai nostri illuminati, è già stata evidente una prima volta con la crisi finanziaria del 2008, poi diventata economica, sociale e infine politica, e oggi ritorna lampante con la pandemia cinese, l’imprevisto che fa inceppare il meccanismo del divino mercato unico”.

Conclude Tremonti: “La globalizzazione non andava accelerata, invece l’Unione ci si è buttata a capofitto, accelerando tutti i processi e realizzando una rivoluzione economica e sociale in un decennio, senza preoccuparsi di attutirne i contraccolpi. Non ha fatto la quarantena, per usare un’espressione in voga in questi giorni. Questo è stato il grande errore, politico ed economico. Era evidente che, oltre al bene, essa avrebbe prodotto il male”.

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