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Il Fisco indaga Booking: sarebbero 150 i milioni di mancati pagamenti sull’Iva

Pubblicato il 26/07/2019 11:01

Booking.com di nuovo sotto la lente d’ingrandimento delle autorità italiane, le quali tornano alla carica per capire se è vera l’ipotesi che l’azienda debba al nostro Stato circa 150 milioni di Iva non versata o da parte del portale o da parte dei partner che mettono in affitto le loro case sulla Ota.

Lo racconta il Financial Times, che sottolinea come la questione sia tornata di attualità perché le autorità italiane hanno intenzione di richiedere una nuova rogatoria internazionale per procedere alle indagini anche in Olanda, dove ha sede Booking.

Il tema sollevato già alcuni anni fa anche da Federalberghi riguarda i privati e non gli hotel: chi mette in affitto attraverso la Ota case vacanze e non è in possesso di partita Iva, di fatto non versa al Fisco l’imposta sul valore aggiunto. E il portale di prenotazione, per parte sua, non è ritenuto sostituto d’imposta e quindi non è tenuto a versare alcunché.

La cifra di 150 milioni è una stima per i mancati versamenti dell’Iva a partire dal 2013 fino al 2018, ma, secondo FT, la cifra potrebbe essere anche più consistente.

Secondo quanto dichiarato proprio da Booking.com sul proprio sito, quando illustra le proprie linee guida si partner sulle tasse locali, la società spiega: “Non applichiamo l’Iva ai nostri partner, ma calcoliamo la commissione sull’importo totale addebitato all’ospite”. Booking.com invita poi chi avesse dubbi sull’Iva a rivolgersi direttamente alle autorità locali, considerando evidentemente la questione fuori dalle proprie competenze dal momento che il quartier generale della società è in Olanda.

L’indagine in corso va ad aggiungersi a una serie di fascicoli aperti negli ultimi anni in tutta Italia sui giganti del Web, che ha visto in prima fila finora la Procura di Milano, con le indagini che hanno portato Apple a patteggiare nel 2015 il pagamento di 318 milioni di euro, e due anni dopo Google e Amazon a raggiungere rispettivamente accordi per 306 milioni e 100 milioni di euro. A novembre 2018 è stata la volta di Facebook, che ha messo fine al contenzioso accettando di versare al fisco 106 milioni di euro.

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