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Processo Popolare di Bari, mancano le aule, è caos. Il simbolo di una Giustizia allo sbando

Pubblicato il 25/09/2020 12:49

Dalla sua fondazione nel 1960, la Popolare di Bari ha raccolto pensioni, stipendi e risparmi di migliaia di cittadini del Sud, 70mila per l’esattezza. Poi nel dicembre 2019, come è tristemente noto, la banca è stata commissariata ed è diventata parte lesa di un crack da 1,4 miliardi di euro. La banca è stata salvata, ma sono ancora in corso i processi penali e civili per accertare le responsabilità di Marco e Gianluca Jacobini, ex presidente ed ex condirettore, accusati di falso in bilancio e ostacolo alla vigilanza. Ma questo processo diventa l’emblema della fase disastrosa e disastrata che sta attraversando la Giustizia in Italia. A raccontare nel dettaglio cosa sta succedendo ci ha pensato Giulia Merlo sul neonato quotidiano Domani.

“A Bari svolgere processi è più difficile che nel resto d’Italia, perché la città pugliese è priva di un palazzo di giustizia stabile da due anni e mezzo. Nel 2018, l’edificio che ospitava gli uffici giudiziari è stato dichiarato inagibile e a rischio crollo e per questo è stato sottoposto a sequestro dalla stessa procura della repubblica che lavorava al suo interno. Dopo un periodo di emergenza in cui le udienze penali e il lavoro di cancelleria si svolgevano in tende della protezione civile allestite nel piazzale antistante, da quasi due anni le aule di giustizia sono state ricavate in edifici sparsi ovunque nei paesi di Modugno e Bitonto, nell’hinterland cittadino; nell’aula bunker di Trani e in un palazzo ex sede della Telecom”.

“La situazione è drammatica, è uno spezzatino in cui la giustizia viene esercitata in otto luoghi diversi e in edifici fatiscenti e non adatti”, ha detto il presidente dell’ordine degli avvocati di Bari. Giovanni Stefani, il quale ha aggiunto: “Operiamo in edifici non pensati per essere dei tribunali, in cui le aule d’udienza sono in realtà salette piccole e inadeguate, a maggior ragione ora che la pandemia ha imposto distanze e misure di sicurezza”. E così, per il processo alla Popolare di Bari, la carica dei 200 avvocati dei risparmiatori colpiti non trova posto. E il codice di procedura penale prevede che la costituzione debba essere fatta necessariamente in udienza, di persona dall’avvocato della parte civile.

“Nel caso della popBari – spiega Merlo – da oltre duecento avvocati che rappresentano i cinquecento azionisti che hanno deciso di costituirsi. La data fissata era quella del 16 luglio, ma il giudice è stato costretto a rinviarla a causa dell’assembramento fuori dall’aula”. E cosa accadrà quando si svolgeranno le udienze di discussione, in cui tutti dovranno essere messi nella condizione di assistere e intervenire in difesa dei loro assistiti? Condizione necessaria per non rinviare ulteriormente il processo fino a quando non si troverà un’aula idonea.

Questa è la condizione, dunque. Centinaia di cittadini lesi che non possono nemmeno vedere i loro diritti difesi in tribunale perché mancano le strutture. In Italia, nel 2020. Poco dopo il suo insediamento nel 2018, il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede era andato personalmente a Bari a promettere di far uscire la giustizia dalle tende e di farsi carico del problema del tribunale. “Da quel momento le tende sono state smontate, ma i locali sono stati sparpagliati per la città e una soluzione stabile è ancora lontana”.

Il presidente dell’Associazione nazionale forense, Luigi Ransini, è regolarmente presente ai tavoli del ministero della Giustizia: “Carta canta e per ora non ci sono in-formazioni dettagliate. Siamo fermi al protocollo, altro non risulta”.

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