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Violenza domestica, la quarantena aumenta i rischi per le vittime. L’appello delle associazioni

Pubblicato il 20/03/2020 15:48 - Aggiornato il 20/03/2020 16:09

Numero zero, Covid-19, febbre, contagio, infezioni respiratorie, mascherine, guanti, terapia intensiva, collasso del sistema sanitario, panico, paura, decreto ministeriale, misure restrittive, crollo economico, distanza di sicurezza… ISOLAMENTO
Tra i vari aspetti da considerare in questi giorni fragili, pieni di dubbi e di problemi che ruotano attorno all’emergenza Coronavirus, uno che non deve non essere considerato, è quello della violenza tra le mura domestiche. 

Perchè “restare a casa” da un lato significa evitare di espandere il virus, adottare dei comportamenti responsabili per il bene di tutta la comunità. Può voler dire avere più tempo da dedicare ai propri cari, alla condivisione di momenti quotidiani, alle attività a cui spesso a causa della frenesia e dei troppi impegni, non riusciamo ad occuparci, può voler dire riscoprire la bellezza del tepore domestico, può voler dire sentire sè stessi e i propri cari protetti e al sicuro. 

Dall’altro lato “restare a casa” può nascondere un amplificamento della voragine di isolamento, di sofferenza, di paura e di angoscia. “Restare a casa” per tutte le vittime di violenza domestica cela molteplici implicazioni. Si trasforma in un “silenzioso ingrossamento del fossato che separa la vittima dall’aiuto” che può provenire dall’esterno. Da tutti quegli ambienti che sono esterni alle dinamiche di violenza e che costituiscono possibilità di riparo, di richiesta di aiuto, di fuga e di allontanamento. “Restare a casa” è motivo di accorciamento della distanza con il proprio carnefice, maltrattante. La vittima è costretta a trascorrere 24 ore con il proprio maltrattante in uno spazio ristretto.

La Magistrata della procura di Milano Maria Letizia Mannella ha spiegato che da quando è iniziata l’emergenza coronavirus c’è stato «un calo» nelle denunce per maltrattamenti: «Ci basiamo solamente sull’esperienza perché è ancora presto per avere dei dati certi, ma possiamo dire che le convivenze forzate con i compagni, mariti e con i figli, in questo periodo, scoraggiano le donne dal telefonare o recarsi personalmente dalle forze dell’ordine.

E’ importante che chi subisce violenza all’interno delle mura domestiche sappia che anche in questo particolare momento di emergenza non è solo! I centri antiviolenza italiani e le femministe di “Non una di meno” stanno diffondendo un appello.

-Per chi è in pericolo è possibile chiedere aiuto chiamando il numero 1522, numero gratuito e multilingue, attivo 24 ore su 24. La chiamata è gratuita anche se viene fatta dal cellulare. E’ anche possibile chattare con una delle operatrici (qui). Oppure cercare uno dei centri antiviolenza più vicini (qui la lista).

-Per chi invece conosce qualcuno che ha bisogno d’aiuto, come si legge nel vademecum della Casa delle donne di Bologna: “Informati sulle dinamiche della violenza di genere sulle donne, non azzardare consigli ma documentati sull’argomento e chiama un centro antiviolenza. Si tratta di situazioni complesse e spesso pericolose. Non pensare di trovare soluzioni rapide, definitive, semplici. In caso di reale pericolo non metterti in pericolo anche tu, ma chiama le forze dell’ordine“. I centri antiviolenza sono strutture d’aiuto per le donne presenti su tutto il territorio nazionale.