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Vannacci, un volano ma anche un rischio

Pubblicato il 28/04/2024 13:16

Conoscendo bene il mondo leghista, mi stanno domandano cosa io pensi della candidatura di Roberto Vannacci. Ammesso che il mio giudizio abbia un qualche valore, metto in fila alcune considerazioni. Partendo dal fatto che Salvini ha fatto bene a candidare il generale, il quale forte del successo innegabile legato al primo libro «il mondo al contrario» – riempie sale dovunque egli vada. Curiosità o convincimento poco importa, oggi Vannacci è un personaggio. Averlo in lista è dunque un valore aggiunto per riempire l’urna, un buonissimo colpo in un «calcio mercato» abbastanza vivace. La sceneggiata del «mi candido, non mi candido, devo decidere» faceva parte della trattativa e cercava di nascondere i dettagli circa i collegi da assegnare e il ranking in lista.

Quanto può valere in termini elettorali? Lo vedremo presto perché alle Europee si vota segnando la preferenza, pertanto «non c’è trucco, non c’è inganno»: quel che si vale lo dimostra sul campo. Credo che la cosa ecciti in un certo senso questo militare diventato personaggio: dopo una vita spesa nelle trincee vere, ora deve affrontare una battaglia dove ci si pesa. Detto ciò, però, va altresì precisato che Roberto Vannacci non è la Lega, non la rappresenta in quanto non è un tesserato, è un candidato indipendente. Non è la Lega dicevamo ma la sua sovraesposizione rischia di farlo diventare «la» Lega, nel senso che le sue interviste condizioneranno la campagna elettorale del Carroccio, e le sue esternazioni rischieranno di improntare l’agenda elettorale. Sarà inutile, per la segreteria leghista, fermare questo meccanismo poiché è un meccanismo che si autoriproduce: i giornalisti cercheranno Vannacci e lo cercheranno per i «suoi» temi, dai diritti dei gay al colore della pelle degli italiani passando per le solite domande su Mussolini e sull’antifascismo.

L’antipasto lo abbiamo avuto ieri: nemmeno il tempo di annunciare la candidatura che Vannacci era disponibile (e lo sarà sempre) per una intervista alla Stampa di Torino. Oggi ce lo ritroveremo sicuramente da qualche altra parte, replicando esattamente quel che accadde l’estate scorsa quando con il suo libro scatenò l’inferno. Fermarlo sarà impossibile. Con tutte le ripercussioni del caso, com’è infatti accaduto. «Non sono specializzato in disabilità. Un disabile, però, non lo mette-rei di certo a correre con uno che fa il record dei cento metri», ha dichiarato. «Gli puoi far fare una lezione insieme, per spirito di appartenenza, ma poi ha bisogno di un aiuto specifico. La stessa cosa vale per la scuola. Chi ha un grave ritardo di apprendimento si sente più o meno discriminato in una classe dove tutti capiscono al volo? Non sono esperto di disabilità, ma sono convito che la scuola debba essere dura e selettiva, perché così sarà poi la vita. O almeno, così è stata la mia vita». Apriti cielo. La pessima idea del generale sulle classi separate è (e lo sarà da qui al voto) la classica questione dove si vorrà sapere ogni cosa dal Vannacci, e a nulla varrà la precisazione di «non essere esperto di…» come nel caso della disabilità, perchè se pur non sapendo parla la frittata è fatta. Aggiungo inoltre che sul tema della disabilità la Lega ha lavorato a lungo e Salvini ha una sensibilità diversa da quella del generale. Consiglio pertanto al generale di non praticare campi che non conosce, in particolar modo sulle disabilità, perché l’equivoco e l’inciampo sono quantomai pericolosi e inopportuni. Vannacci non è la Lega, si connette ad alcune battaglie ma – ripeto -deve pensare a come aggiungere voti, non a come toglierli per vanità o per proprio calcolo elettorale. Essendo un militare sa benissimo il valore del collettivo e sa anche che la Lega è fatta di appassionati militanti, di amministratori capaci, di tesserati storici che si sono fatte le Pontida più dure e hanno in tasca il fazzoletto verde. Salvini non deve fare l’esame del sangue per dimostrare quanto sia leghista, Vannacci gli restituisca la copertura in questa fase difficile come i migliori soldati sanno fare. Magari rinunciando a qualche intervista.