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“Una donna ogni tre giorni vittima di femminicidio”. Servono pene certe e processi brevi

Pubblicato il 25/11/2020 18:20 - Aggiornato il 25/11/2020 18:29

L’attenzione e sensibilità verso la tematica della violenza sulle donne è più che mai una tematica attuale su cui non si può rimanere indifferenti. “Sono 91 le donne vittime di omicidio nei primi dieci mesi del 2020. Ancora una ogni tre giorni”, riferisce Adnkronos. “Mentre nel primo semestre del 2020 sono calati gli omicidi rispetto allo stesso periodo del 2019, per quelli di genere non si può dire lo stesso”. Fenomeno che viene evidenziato all’interno del report realizzato dal servizio analisi criminale della direzione della Polizia Criminale su Violenza di genere e omicidi volontari con vittime donne“: il numero di assassini volontari nei primi sei mesi del 2020 è sceso a 131, contro i 161 dello scorso anno, ma quello di donne uccise è salito da 56 a 59.

È importante che ciascuno di noi sia consapevole del fatto che quando si parla di violenza verso il genere femminile non si sta parlando solo della violenza più estrema, ma si indicano tutte le forme che si possono subire o infliggere. I soprusi, che nella maggior parte dei casi iniziano in maniera quasi irriconoscibile. Stalking, aggressioni verbali e psicologiche, il controllo ossessivo del cellulare e delle frequentazioni, non sono meno gravi dei soprusi fisici o sessuali. La violenza più frequente è quella psicologica, subita dal 79,5% delle vittime, seguita da quella fisica (60%), economica (35%), sessuale (15,3%) e stalking (14,7%). 

La presidente di Di.Re. (Donne in Rete contro la violenza), Antonella Veltri, commenta: «Ancora una volta i dati ci confermano il ruolo imprescindibile dei centri antiviolenza in quello che vorremmo chiamare “sistema antiviolenza”, ma che in Italia fatica ancora a strutturarsi in maniera organica ed efficiente. È ancora difficile per le donne chiedere aiuto, come conferma il numero leggermente in calo rispetto al 2018 di coloro che si sono rivolte a uno dei nostri centri antiviolenza per la prima volta durante l’anno 2019, passato da 15.456 a 14.431».

Calo che -spiega la presidente Veltri- “può essere anche letto in un quadro complessivo che ha visto crescere l’offerta di servizi antiviolenza neutri, che offrono magari solo assistenza legale o supporto psicologico, mentre i centri antiviolenza nascono per essere spazi di supporto alle donne che le accompagnano verso la ripresa della propria vita in autonomia, dall’accoglienza telefonica all’inserimento lavorativo, nel pieno rispetto delle scelte, dei desideri e dei tempi delle donne”.

Inoltre, l’osservaatoriodiritti.it, dal quale abbiamo ripreso i dati, afferma che “il passo avanti fatto dal nostro Paese con l’approvazione della legge 69/2019, ovvero il famoso Codice Rosso, non basta”. Prosegue sottolineando che, “nonostante la legge rafforzi il quadro giuridico globale, a scoraggiare la denuncia è anche la non certezza della pena, la lunghezza dei processi e l’alto numero di archiviazioni di casi, spesso dovuti alle inadempienze dei tribunali e a un sistema giuridico e burocratico che, nel suo insieme, non tutela la donna e i suoi diritti“.