Ci risiamo. L’estate sta finendo, le scuole riapriranno domani e da giorni ci stanno facendo ascoltare il ritornello di una canzone che oramai, dopo anni di terrorismo mediatico, conosciamo a memoria. A lanciare l’allarme questa volta è Andrea Antinori, direttore del Dipartimento clinico dell’Inmi Spallanzani. Tra le righe di La Repubblica si leggono queste sue parole: “Nelle ultime settimane osserviamo una ripresa dei casi per l’emergere delle nuove sottovarianti e per gli effetti della stagione estiva, ma la gran parte sono infezioni lievi, localizzate alla alte vie respiratorie”. Ma non si può abbassare la guardia, sempre dallo Spallanzani infatti, lanciano l’appello: “i casi aumentano serve un nuovo metodo di monitoraggio”.(Continua dopo la foto)
Ecco che a catena, effetto domino, salta fuori anche Mario Rusconi dell’Associazione presidi e il mondo della scuola riparte sotto allarme; tutti i presidi d’Italia e bidelli sollecitati e pronti a seguire le indicazioni: “evitare gli assembramenti degli alunni, soprattutto in questi primi giorni di scuola”. Non solo l’attenzione ad evitare assembramenti: “In molte scuole poi a chi lo chiederà distribuiremo le mascherine utilizzando le tantissime scorte che ci furono date durante la fase critica della pandemia. Stessa cosa avverrà con il gel disinfettante”. Rusconi ci tiene anche a puntualizzare: “L’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale è consigliato ai docenti e alunni con fragilità. Il nostro è un invito in quanto l’utilizzo non è obbligatorio.”(Continua dopo la foto)
Ma secondo voi dopo tutti questi anni di allarmismo è cambiato qualcosa? A parte una enorme campagna vaccinale, cosa è stato fatto? Nulla e, infatti, sempre Rusconi dichiara: “Mi sento, poi, in dovere di lanciare un appello agli enti affinché siano più solleciti nei lavori di ristrutturazione negli istituti scolastici: avere classi con 27-28 alunni, in ambienti non grandi, non può che favorire la trasmissione di qualsiasi virus. Sarebbe, infine, prezioso che le scuole potesse riottenere quegli spazi oggi adibiti ad appartamenti dove spesso vivono figli o nipoti di bidelli oramai morti. Nella sola Roma sono 500, ma la situazione è simile anche in realtà come Napoli e Bari”.