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Tornano conflitti e sbarchi, dall’Ue il solito silenzio assordante. La Sicilia paga il conto per tutti

Pubblicato il 12/05/2021 15:19 - Aggiornato il 12/05/2021 15:20

di Luigi Savoca.

In questi ultimi giorni la Sicilia è ritornata al centro dell’attenzione nazionale per due vicende la cui connessione appare del tutto evidente: la ripresa di una immigrazione di massa, che ha mandato immediatamente in crisi le strutture di accoglienza dell’isola di Lampedusa, e l’aggressione militare di una motovedetta libica contro un peschereccio di Mazara del Vallo, che ha determinato il ferimento del suo comandante, senza alcuna apprezzabile reazione da parte della nostra marina militare.

Come al solito la grande “assente” è l’Unione Europea che, al di là delle frasi di circostanza, dimostra ancora una volta la propria imbarazzante inconsistenza politica, a tutto danno del nostro Paese.

Emerge, invece, il carattere strategico, in senso negativo per l’Italia, dell’aggressione alla Libia, sollecitata dei nostri “alleati” europei, finalizzata ad un cambio di regime che avrebbe dovuto esportare democrazia e benessere.

I risultati sono dinanzi agli occhi di tutti: da un lato, i libici vedono da anni il loro paese, un tempo quello più progredito in Africa, dilaniato da conflitti militari di cui sono protagonisti bande criminali e gruppi terroristici, spesso supportati da potenze straniere; dall’altro, i gruppi che gestiscono la tratta degli esseri umani hanno mano libera nel condurre i loro affari criminali.

E l’Italia?

L’Italia assiste inerme e passiva a questa situazione scaricandone il peso, in primo luogo, sulla Sicilia.

La nostra Isola, punta più avanzata dell’Europa nel “Medioceano” Mediterraneo, per la sua posizione strategica, dovrebbe essere il crocevia privilegiato dei rapporti economici, politici, culturali, fra Oriente ed Occidente, fra Sud e Nord del mondo; l’egemonia franco-tedesca nell’Ue l’ha ridotta invece in una discarica di rifiuti, ambientali ed umani, in balia delle mire egemoniche delle potenze regionali emergenti, dalla Turchia all’Egitto.

Gli immigrati – forza lavoro a bassissimo prezzo, da importare per la felicità di un capitale che punta sull’abbattimento del costo del lavoro per essere concorrenziale in questa devastante globalizzazione – costituiscono l’immagine della miseria e dell’oppressione di questo mondo.

La proposta di Italexit mira a ribaltare radicalmente questa situazione, offrendo una prospettiva di sviluppo e di benessere al nostro paese, così come agli africani ancora oggi prime vittime dello sfruttamento coloniale.

Per fare questo occorre modificare radicalmente l’approccio alla questione dell’immigrazione superando la falsa e fuorviante alternativa fra accoglienza indiscriminata/razzismo, in realtà facce della stessa medaglia, per proporre azioni positive e concrete che possano offrire una prospettiva di soluzione al problema.

In primo luogo occorre riaffermare il principio basilare della nostra sovranità nazionale, contenuto nell’art. 1 della Costituzione Repubblicana, cui immediato corollario è la difesa dei nostri confini, anche marittimi, a tutela degli interessi del popolo italiano.

In questo senso è necessario che la nostra Marina Militare svolga un ruolo di pattugliamento nelle acque mediterranee a tutela dei nostri lavoratori della Pesca e dei nostri confini nazionali.

Salvo l’ovvio principio umanitario della tutela della vita, e quindi dei diritti dei  rifugiati di guerra, dobbiamo interrompere con determinazione il flusso della immigrazione clandestina, consentendo solo quella che siamo in grado di accogliere in condizioni di dignità civile e in rapporto alle effettive esigenze del nostro mercato del lavoro.

Posto che non possiamo aspettarci nulla di buono da questa Unione Europea, il nostro paese e la stessa Regione siciliana, a cui è chiesto di svolgere un ruolo di protagonismo attivo, devono promuovere accordi di collaborazione bilaterale, in primo luogo con i paesi mediterranei rivieraschi, in cui il contributo del nostro patrimonio industriale sia finalizzato a sollecitarne lo sviluppo economico e quindi il benessere sociale, unica effettiva strategia di contrasto al disfacimento della coesione sociale, nostra e altrui, determinato da flussi migratori fuori controllo.

La costruzione di infrastrutture (strade, ferrovie, porti, aeroporti, condotte ) nel Sud, in Sicilia ed in tutti i paesi mediterranei, insieme allo sviluppo di energie pulite, valorizzando le vocazioni territoriali senza però penalizzare l’agricoltura, costituisce il contributo concreto che il nostro paese può dare alle economie dei paesi rivieraschi e del nostro Mezzogiorno per avviare radicalmente a soluzione la piaga dell’immigrazione.

Diversamente le belle parole e i buoni sentimenti costituiranno solo l’ipocrita  paravento dietro cui si nascondono gli interessi inconfessabili di chi utilizza la disperazione delle persone per imporre il potere assoluto della finanza speculativa mondiale.