Ha cagionato 33 intossicazioni in mezza Italia, dalla Liguria alla Puglia, e c’era chi sapeva: sapeva bene e sembrava non curarsi dei potenziali rischi. Dodici arresti e altre sei misure cautelari disposte da parte della Procura di Trani hanno svelato la capillare commercializzazione di tonno adulterato con nitrati: “Me li sogno la notte i cristiani che si sentono male – è la trascrizione esatta di una intercettazione telefonica – Nessuno ci ha lasciato le penne solo per grazia del Signore: non mangiare pesce crudo”. Le aberranti considerazioni emergono da una telefonata tra un dipendente di una delle società coinvolte nell’inchiesta sulla nocività di questo pesce e una sua amica, acquisita dai carabinieri del Nas, il Nucleo antisofisticazione. Tonno adulterato, dunque, che ha portato all’intossicazione di almeno 33 persone, come detto: tra costoro vi è chi è finito addirittura in terapia intensiva o in rianimazione dopo averlo mangiato. Contestualmente i magistrati tranesi hanno anche disposto sequestri per oltre cinque milioni di euro, provento delle illecite attività fraudolente. (Continua a leggere dopo la foto)
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Il maxisequestro
Le indagini dei carabinieri del Nas hanno appurato che la società deputata a certificare la qualità del tonno pinna gialla – una varietà altresì pregiata di tonno – accordava il proprio placet in commercio nonostante le alterazioni fossero piuttosto evidenti. Il pesce, poi, veniva venduto al pubblico da due aziende ittiche di Bisceglie, in provincia di Barletta-Andria-Trani, e da altre due imprese di Avellino. Le indagini dell’inchiesta denominata “Albacares”, dal nome scientifico del tonno a pinna gialla (Thunnus albacares), coordinate dal gip di Trani Anna Lidia Altamura, sono partite già tra il maggio e il giugno 2021, alle prime avvisaglie della potenziale sofisticazione, poi ampiamente confermate dalle stesse indagini: il prodotto, prima della sua immissione in commercio, veniva decongelato e adulterato con sostanze non consentite, nello specifico nitriti e nitrati, al fine di esaltarne l’aspetto ed il colore, ma rendendolo, di fatto, nocivo per la salute dei consumatori. Le analisi dell’istituto Zooprofilattico di Bologna, effettuate in seguito al sequestro di sette tonnellate e mezzo di tonno svolto dai Nas, hanno certificato la presenza di una sostanza rossa ad azione colorante campionata nota come Fruitmax Red 104. (Continua a leggere dopo la foto)
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Le misure cautelari e le aziende coinvolte
Ora, si trovano in carcere i vertici di due imprese ittiche di Bisceglie, la Ittica Zu Pietro Srl e la Izp processing, di un laboratorio analisi e di una società di consulenza e certificazioni campane, la Innovatio Srl e Studio summit Srl; altre persone sono finite agli arresti domiciliari o è stato disposto il divieto di dimora o, ancora, l’obbligo di dimora per due dei soggetti indagati, sinora diciotto, come anticipato. Le accuse sono, naturalmente, molto gravi: associazione per delinquere finalizzata alla adulterazione di sostanze alimentari, frode nell’esercizio del commercio e falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico. (Continua a leggere dopo la foto)
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Non solo tonno
Peraltro, apprendiamo da BrindisiReport che gli indagati avrebbero, anche, posto in commercio ingenti quantitativi di salmone congelato, che veniva venduto come fresco, nonché di preparazioni a base di pesce, lavorate presso un’altra loro azienda, utilizzando prodotti ittici scaduti, e persino una partita di tonno contaminata con elevatissimi livelli di istamina, che, se consumato, può scatenare gravissime reazioni. Tirando le somme, aveva ragione il dipendente intercettato: che non ci sia scappato il morto, è un vero miracolo.
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