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Tanto fumo e poco arrosto. De Luca tuona sui social ma la sanità campana è nel caos

Pubblicato il 08/10/2020 12:12 - Aggiornato il 08/10/2020 12:13

“Non c’è un posto letto libero”, questa frase provoca tanta tristezza quanta rabbia. All’ospedale Cotugno di Napoli, “ospedale Covid”, riferisce la Stampa, non si entra senza autorizzazione e il nervosismo lì è talmente alto da essere “palpalbile”.

Con l’ordine del presidente della Campania Vincenzo De Luca, medici e dirigenti sanitari non possono più rilasciare dichiarazioni in libertà sull’emergenza Covid, per avere informazioni bisogna rivolgersi all’unità di crisi della Regione. Ma dalla struttura fanno sapere che “non c’è alcuna carenza di posti letto su scala regionale” e che è che è stata avviata la cosiddetta “fase C” dell’emergenza, per ottenere un aumento di 600 posti letto su tutto il territorio campano.

Posti  letto che “serviranno”, considerando che la Campania da una settimana è la regione che registra più contagiati. “Hanno quasi raggiunto quota 16mila, 10mila solo a Napoli e provincia, secondo le previsioni degli epidemiologi entro novembre si arriverà oltre i 20mila”. 

Mentre “è stata avviata la fase C”, il sistema ospedaliero campano rischia di finire al collasso, cosa non poi così improbabile, perchè già adesso si sta cercando di ‘risparmiare i posti letto’ e perchè “non appena si libera un letto, subito viene occupato”, spiega Alfonso, che al Cotugno fa il fisioterapista. “Chi accusa i sintomi Covid nel Napoletano, se ha bisogno del ricovero, viene mandato al Cotugno”.

Quindi ricapitolando, avevamo tempo, tempo per gestire e organizzare, perchè l’idea che sul Paese (l’intero mondo) potesse abbattersi un’altra ondata non era una cosa poi così impensabile, anzi era totalmente prevista, ma“in Regione sperano di poter evitare di ricorrere ad aiuti esterni, cioè di trasferire altrove i pazienti per mancanza di letti”. In Regione, quindi, guardando la situazione, si pensa già a quella che potrebbe essere l’alternativa al dramma. “Non siamo ancora a quel punto, ma rischiamo di arrivarci presto”, dice Sandro, sotto falso nome e che fa l’infermiere in un reparto Covid del Cotugno.

Stando a quanto racconta la Stampa sembra che funzioni così: “secondo le nuove regole, riassunte in un cartello all’ingresso, ‘l’accesso è riservato ai pazienti sintomatici per i quali si prospetta la necessità di ricovero’. Il paradosso è che la selezione e la valutazione medica di fatto è affidata ai vigilantes”. 

Quindi, da un parte “bisogna evitare l’eccesso di ospedalizzazione”, che tradotto nell’effettivo significa ‘potrebbe non esserci spazio sufficiente per tutti’ e spazio suffuciente per tutti non ci sarebbe perchè chi doveva gestire e preparare alla seconda ondata non lo ha fatto, dall’altra però bisogna tenere conto che “in una città come la nostra spesso l’autoisolamento domiciliare non è possibile: pensate a una famiglia di 7 persone che vive in 70 mq con un bagno”. 

Pertanto si discute ancora del fatto che bisogna capire quali potrebbero essere gli “ambienti alternativi dove mettere in quarantena le persone, che non devono stare in ospedale ma non possono stare a casa. Altrimenti, a giudicare dalle telefonate che riceviamo noi medici, la macchia d’olio si allargherà”.