Alta tensione nel mare intorno a Cipro, dove il peschereccio italiano Michele Giacalone, partito da Mazara del Vallo, è stato “bersagliato da almeno 10 piccole imbarcazioni turche, che hanno iniziato a colpirlo con delle pietre”. A confermare la notiza è stato l’armatore Luciano Giacalone, che ha ricostruito l’accaduto all’Agi, spiegando come proprio le imbarcazioni straniere gli avrebbero tagliato la rotta improvvisamente. Secondo la ricostruzione di Giacalone, i pescherecci turchi avrebbero costretto la sua barca a tirare su le reti, per poi iniziare con l’aggressione: il lancio di una serie di pietre, poi un vero e proprio speronamento. (Continua a leggere dopo la foto)
“Erano già accaduti episodi simili, ma mai di questa portata. Il peschereccio si trova in quell’area, in acque internazionali – ha proseguito l’armatore – dopo che il 3 maggio scorso aveva subito un tentativo di abbordaggio da parte dei libici”. Un altro episodio, quest’ultimo, che aveva fatto parecchio discutere non poco e generato ulteriori tensioni: un tentativo di abbordaggio da parte dei libici avvenuto a circa 40 miglia di Bengasi, e che aveva visto nel ruolo di vittime la stessa Michele Giacalone insieme con altri 8 pescherecci. (Continua a leggere dopo la foto)
Tra le imbarcazioni coinvolte anche l’Aliseo, qualche giorno dopo mitragliato da 35 miglia da Misurata. Secondo il racconto del comandante, i libici avrebbero prima sparato colpi in aria e poi uno di loro sarebbe salito a bordo del Michele Giacalone. Al sopraggiungere della fregata italiana Alpino, il miliziano avrebbe lasciato il peschereccio e il tentativo di abbordaggio si sarebbe concluso. (Continua a leggere dopo la foto)
“Il mio peschereccio è stato prima preso a sassate da diversi pescherecci turchi, che lo hanno speronato e poi hanno tentato di salire a bordo. Il comandante è stato costretto a tirare le reti e ad allontanarsi dalla zona”. A parlare con l’Adnkronos è Luciano Giacalone. “Siamo rovinati, non possiamo andare avanti così – aggiunge -. In qualunque area andiamo ci cacciano. Chiediamo che le istituzioni si diano da fare per fare un accordo soprattutto con la Libia e mettano le barche di Mazara nelle condizioni di poter lavorare”.
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