Possono piacere o non piacere, qualcuno li ha amati e altri li hanno detestati. Ma non c’è dubbio che l’ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga e Silvio Berlusconi siano stati due “giganti” nella storia politica italiana. Il primo è ricordato soprattutto come il Presidente Picconatore per le sue uscite inusuali, criptiche e per la sua attitudine polemica quando soggiornava al Colle. L’altro, è stato un personaggio vulcanico che nel bene e nel male ha segnato decenni della nostra storia e favorito un cambiamento culturale nella comunicazione e nella politica italiane (se in meglio in peggio, potete deciderlo voi liberamente). Oggi, grazie a un libro di Filippo Ceccarelli intitolato “B. una vita di troppo“, sono emerse alcune verità sorprendenti sui rapporti fra il politico democristiano e l’imprenditore “prestato” alla politica. Che fra i due non fossero esattamente rose e fiori, si sapeva. Anche se in realtà era Cossiga a stuzzicare Berlusconi piuttosto che il contrario. (continua dopo la foto)
Lo dimostrano le lettere che i due si scambiavano, e che l’autore del libro ha potuto leggere. Soprattutto quelle del periodo del secondo e terzo Governo Berlusconi, fra il 2001 e il 2006. Cossiga amava scrivere lunghe missive a mano, alle quali Berlusconi rispondeva in modo cortese ma abbastanza formale. Cossiga, come ha più volte dimostrato, aveva un caratteraccio ed era uno spirito libero. Considerava Berlusconi un amico, a modo suo. Un’amicizia “faticosa”, come diceva lo stesso ex Presidente. E soprattutto strana. Perché a Berlusconi piaceva piacere, e quindi teneva ad avere buoni rapporti con Cossiga. Ma nello stesso tempo non si fidava. Troppo lunatico e irritabile l’ex Capo dello Stato per non aspettarsi qualche uscita imprevedibile. Anche perché Cossiga, di quello che faceva Berlusconi, non apprezzava quasi niente. E non aveva remore a dirglielo. Cosa che a Silvio, così incline a circondarsi di yes man che non lo contraddicessero mai, non faceva certo piacere. (continua dopo la foto)
I rapporti fra i due, dunque, furono innanzitutto un po’ bizzarri. A volte sembravano due pugili su un ring, pronti ma guardinghi. Con Berlusconi che in cuor suo sperava che l’altro non attaccasse mai e restava in difesa (come faceva spesso: il Cavaliere era spregiudicato ma non amava lo scontro e nemmeno il confronto). Così, Cossiga poteva permettersi di dire cose che ad altri non sarebbero state concesse. Tipo che considerava Silvio “un mercante politico, un commerciante, un maleducato e un presuntuoso. Tra me e lei”, gli scrisse una volta, “c’è un abisso di intelligenza, di cultura, di moralità e di statura politica che il suo denaro, sporco o pulito che sia, non potrà mai colmare“. Silvio rispondeva nel modo più pacato possibile. A volte, se doveva scrivere ad altri personaggi, iniziava le lettere vergando una piccola introduzione di suo pugno e le chiudeva con la sua firma, ma chiedeva ad altri di scriverne i testi. Con Cossiga no, se ne occupava di persona. (continua dopo la foto)
Questo “riguardo” non lo mise comunque al riparo dalle picconate del politico sardo. Che di Berlusconi criticava quasi tutto, a partire dalla mania di circondarsi di personaggi sempre proni a ogni suo desiderio, sino ad arrivare a quelli più importanti. Di Gianni Letta, Cossiga diceva che “lavora in proprio e ha rotto le balle“. Di Giuliano Ferrara che era “scortese e maleducato“. Di Ignazio La Russa, Cossiga ricordava con velenoso sarcasmo il passato da picchiatore, concludendo che “chi, specie nel dopoguerra, è stato fascista, fascista rimane”. L’apice dello scontro si ebbe, forse, quando rifiutandosi di fare da testimone alle nozze della figlia di Silvio, Barbara, Cossiga scrisse: “Lei farebbe bene a non sentirsi sicuro in Sardegna“. Per poi rispondersi da solo: “Una minaccia? Certamente sì“. E Berlusconi, che era prima di tutto un grande incassatore, non reagiva. E sopportava tutto, perché come gli scrisse una volta in una delle missive citate nel libro “ti voglio tanto bene, Francesco!!!“. Comunque vogliamo considerare i personaggi di questa vicenda, quello che emerge è una certa nostalgia per una classe politica – di destra, centro o sinistra che sia – che abbiamo criticato, contestato, detestato: ma che oggi un po’ ci manca. E forse più di un po’.