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Paragone: “Caro Grillo, smettiamola di elemosinare voti e torniamo a fare i 5 Stelle”

Pubblicato il 25/11/2019 17:25 - Aggiornato il 26/11/2019 18:04

Gianluigi Paragone stuzzica Beppe Grillo, dopo l’appello del fondatore del Movimento Cinque Stelle all’unità d’intenti con il Pd. Quel “con la sinistra si possono fare cose bellissime” che in vista delle Regionali è un richiamo agli elettori e che però, spiega il senatore, stride con un governo che non ha ancora impresso un’azione decisa, netta al suo operare. Il rischio è quello di passare per un partito che elemosina voti disperatamente e mette in secondo piano le battaglie in difesa dei più deboli, che pure dovrebbero essere ben iscritte nel suo dna.

E a proposito, Paragone ha chiesto a Grillo, attraverso le pagine de Il Tempo: “Cosa facciamo sul Mes?”. Ricordando che nei programmi pentastellati la riforma del fondo monetario europeo andava rimodulato, sì, ma in difesa dei cittadini e non certo dei mercati. “Siamo diventati come il Pd interpreti del ‘responsabilismo europeo’? Se così fosse lo dovreste dire apertamente e espellere chi come me non bacerà la euro-pantofola”.

Paragone ha spostato poi l’attenzione su un altro tema di stretta attualità, sul quale è tornata in questi giorni anche Milena Gabanelli: il meccanismo distorto delle aste giudiziarie. Il governo Renzi ha fatto sì che oggi sia possibile battere una casa a una cifra nettamente inferiore al suo valore, per la disperazione del debitore che si trova non solo ad aver perso l’immobile, ma senza nemmeno aver recuperato una cifra necessaria a coprire il suo debito. “Con gli esperti Biagio Riccio e Giovanni Pastore dell’associazione Favor Debitoris, con lo stesso Bramini e con Eugenio Piccolo abbiamo studiato ulteriori modifiche per non sbattere fuori casa gli esecutati in corso – ampliando la platea del 560 – e per eliminare la logica del ribasso fino al prezzo vile. Bene, quelle modifiche sono lì e nessuno dal governo ha sentito l’obbligo di ascoltarci. Paura delle banche? Credo di sì”.

Paragone si chiede poi con che faccia Conte, che si era presentato come avvocato del popolo, potrebbe tornare nel quartiere Tamburi in caso di ripristino dello scudo fiscale ad ArcelorMittal. O quali siano le sue vere intenzioni, in mezzo a tanti proclami, sulla revoca della concessioni autostradali. “Manca l’idea di una società; manca la visione di quel che adesso è emergenza”. Eppure, spiega, basterebbe poco per iniziare a dare un segnale. A partire, magari, dalla lotta al caro bollette. “È chiedere troppo? Temo la risposta”.

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