All’inizio della pandemia la Commissione UE ha sospeso il Patto di stabilità e le norme sugli aiuti di Stato. Questo per consentire ai governi di intervenire facendo fronte alla caduta economica dovuta al lockdown. Come abbiamo già spiegato tale decisione fa emergere inequità, perchè potranno “pompare maggior denaro a sostegno della propria economia quegli Stati che godono di una migliore condizione rispetto a quelli indebitati”. La dimensione del debito pregresso condiziona la portata degli interventi. Ne consegue, che l’Italia, Stato più colpito dall’epidemia, rimarrà fortemente limitata. Tutto invece è a favore della Germania, già forte della propria condizione economica e dell’ Olanda, paradiso fiscale.
Un altro punto critico della gestione politica sugli aiuti di Stato e che taglia in due l’UE riguarda il tetto delle notifiche per gli stanziamenti alle imprese. Bruxelles propone di sfuggire all’obbligo di notifica fino a 100 milioni per azienda. Superata la medesima cifra l’intervento a sostegno deve essere approvato dal vicepresidente Margrethe Vestager. Questo per controllare che i fondi pubblici siano utilizzati esclusivamente “per tamponare i danni del virus” e che i governi non utilizzino la deroga sugli aiuti per sfruttare la situazione.
Il quotidiano “La Repubblica” non a caso afferma che in tale contesto “i tedeschi puntano a ridisegnare l’apparato produttivo”. Tant’è che la Germania per tirare acqua al suo mulino ha chiesto dapprima informalmente di alzare la soglia a 5 miliardi per poi scendere formalmente a 3 miliardi. Il timore denunciato da Italia, Francia e Spagna dunque è quello che “i tedeschi rimettano a nuovo la propria industria, lasciando indietro gli altri”. Come al solito una Unione Europea a misura di Germania.