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La storia di Fausto due volte vittima: del coronavirus e della burocrazia

Pubblicato il 02/04/2020 12:26 - Aggiornato il 02/04/2020 12:37

La storia di Fausto è la storia di un professionista, marito e padre la cui unica fonte di guadagno era rappresentata dal suo lavoro, che adesso è stata spazzata via dal coronavirus. La storia rappresenta, in realtà, tutti coloro i quali sono costretti ad urlare per bisogno di aiuto. O meglio, molto semplicemente per la sopravvivenza, perchè di fatto di questo si tratta. Con sacrifici e paura, aveva aperto il suo studio in un piccolo centro in provincia di Palermo. Paura per il futuro. Già da prima dello scoppio dell’epidemia la situazione, come tutti ben sappiamo, non era affatto rosea. E anche solo l’idea di tentare di aprire un’attività rappresentava e rappresenta un grosso PUNTO INTERROGATIVO. Un salto nel buio. Non sai dove andrai a cadere e infatti… Il futuro non ha riservato piacevoli sorprese e le istituzioni, che dovevano essere un rassicurante tappeto elastico pronto ad attutire i colpi, non c’erano. Non c’erano allora e continuano a non esserci oggi.

“Non è mia intenzione tediarti (posso darti del tu vero?) con lagne e piagnistei, ma in questo momento ho l’angosciante sensazione che si prova a volte nei sogni, quei brutti sogni dove vorresti urlare ma non esce un filo di voce, e chi vorresti ti ascoltasse non si accorge di te. “IO SONO QUIIIII !!!” ma, niente! Niente! Non mi sentono! 
Io in quanto Odontoiatra, sono iscritto obbligatoriamente ad un istituto previdenziale privato, l’ENPAM, nelle cui casse verso annualmente una somma fissa per il solo fatto di esistere e, in aggiunta, una somma variabile calcolata in base al reddito prodotto anno per anno. L’ENPAM ha deciso di erogare agli iscritti che ne fanno richiesta, la somma di € 1000 (mille) al mese per tre mesi a partire dall’inizio dell’ emergenza sanitaria che stiamo vivendo, che sempre per l’ente, inizia a partire dal 21 febbraio u.s. La misura adottata, seppur esigua nei contenuti, ritengo sia comunque un segnale e personalmente riuscirei a coprirci spese come l’affitto e le utenze che, come ben sai, anche a palla ferma continuano a correre. Se penso che lo studio è chiuso da tre settimane e Dio solo sa quando potrò tornare a lavorare, ogni aiuto è ben accetto. 
Va beh, ti dico subito che a me “non spetta”. E qui inizia a salirmi la pressione. Per usufruire del BONUS ENPAM COVID-19, così lo hanno chiamato, le menti contorte di ENPAM hanno posto dei paletti che il governo ha acconsentito ad impiantare e, ad oggi, non vuole rimuovere. Tra questi paletti, quello che sta impedendo a me e a centinaia di miei colleghi di usufruire del bonus, c’è quello imprescindibile che devi essere in regola con tutti i contributi dovuti, fino all’ultima goccia di sangue.

E qui torna prepotente il sogno di poco fa. Vorrei dire che io ho le mie motivazioni per non essere in regola, ma nessun mi ascolta. Agito le braccia freneticamente inviando mail e pec a Ordine dei Medidi di Palermo, al  Comitato Albo Odontoiatri, ad associazioni sindacali di categoria quali AIO E ANDI ma niente, nessuno si accorge di me. Apro il mio studio nell’estate del 2008, fiero di avere “qualcosa di mio” (povero illuso), ostile a chi mi diceva di pensarci bene, anche per il periodo nero che l’economia si stava apprestando ad affrontare a quel tempo. Nonostante tutto, lo studio mostra già da subito un discreto avviamento, è una piccola realtà ma è giovane, gestita bene, il feedback dei pazienti è positivo e mi fa raggiungere livelli di tutto rispetto per la sopravvivenza della mia attività professionale.

Ma nel 2016 si rompe il giocattolo.

A causa di un problema di salute mi sottopongo ad un intervento chirurgico che mi allontana dal lavoro per mesi. Tra l’altro ENPAM conosce bene questa storia, perché mi ha riconosciuto una invalidità temporanea di 10 mesi. Dieci mesi di inattività hanno portato ad un inevitabile stillicidio di pazienti che si è tradotto in una importante riduzione di liquidità. Allora ci si rimbocca le maniche e si riparte, ma niente, un problema di salute che questa volta colpisce mio figlio, mi obbliga a lavorare con frequenti periodi di stop, per la frequente spola tra Palermo e Lecco necessaria alle cure di Giovanni. Il risultato dal punto di vista economico è devastante. Lo dimostra il fatto che nel 2018 per la prima volta chiedo di pagare le tasse a rate, fino ad allora pagate in un’unica soluzione. Nel 2019 la situazione si esacerba a tal punto che devo decidere se pagare le tasse o i contributi ENPAM. Decido, mio malgrado, di pagare le tasse e sacrificare l’ente previdenziale, consapevole del fatto che prima o poi me li avrebbe richiesti e glieli avrei dati appena possibile. Del resto è un ente previdenziale e i contributi sono obbligatori. Ma è qui che non mi torna qualcosa. Perché di fatto l’ENPAM si sta comportando come un’assicurazione, dove, se io non pago il premio, non mi viene risarcito un eventuale danno. E sappiamo bene che l’ENPAM non è un’assicurazione ma un istituto previdenziale e come recita l’art. 3 dello statuto della fondazione, “…ha lo scopo di attuare la previdenza e l’assistenza a favore degli iscritti, dei loro familiari e superstiti…”.

Ma siccome non c’è due senza tre, ecco che arriva questa emergenza sanitaria sociale che non ha precedenti a memoria d’uomo e dalla quale spero che il maggior numero di persone ne possa uscire in salute. L’emergenza Covid-19, come tu ben sai e ne sei testimone quotidiano, porta ad una follia istituzionale che toglie lucidità a chi deve decidere, per carità cosa non facile, e si dimentica nei vari dpcm di dire agli odontoiatri di chiudere i propri studi perché strutture altamente a rischio per la diffusione del virus. Lo sostiene anche un recentissimo studio pubblicato dal NYT.  Questa decisione non presa, permetterà ad ENPAM di agire nel modo che ti ho descritto e lascia a noi odontoiatri l’incombenza di chiudere arbitrariamente le nostre strutture, per il solo fatto che il buon senso ce lo impone.
Già, il buon senso, lo stesso che mi ha spinto ad essere sempre un onesto cittadino, rispettoso delle leggi e leale verso lo stato. Quello stesso stato che oggi sto sentendo disonesto, irrispettoso e sleale nei miei confronti, che mi sta voltando le spalle, che mi sta facendo sentire dimenticato, umiliato, figlio di un dio minore.
Ma la beffa nella beffa è la figura di mia moglie. Lei lavora con me, nel mio studio e si occupa dell’amministrazione. Ebbene, io non ho mai potuto assumerla, quindi non è mai stata inquadrata INPS, perché nella sua assunzione lo stato ci vede un conflitto di interesse. Con il risultato che mia moglie non prende uno stipendio, quindi non versa contributi, quindi non avrà una pensione, quindi non rientra in nessuna misura assistenziale messa in atto per l’emergenza Covid-19. Bingo!!!

Caro Gianluigi, ho finito, la pressione è ormai alle stelle. 
Ti ho scritto perché spero vivamente che tu possa dare volume a questo mio urlo, perché qualcuno lo possa sentire e prego affinché tu non diventi un altro protagonista di questo mio bruttissimo sogno.

Con stima

Gaetano Fausto Labianca