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Il social brand Made in Carcere offre una seconda chance alle donne detenute

Pubblicato il 04/06/2022 10:35

Il social brand MADE in Carcere nasce nel 2007, dal talento creativo di Luciana Delle Donne. Si producono manufatti “diversa(mente) utili”: borse, accessori, originali e tutti colorati. Sono prodotti “utili e futili”, confezionati da donne al margine della società. L’obiettivo è quello di coniugare buon senso e creatività dimostrando attraverso la raccolta di tessuti di scarto, e la realizzazione di laboratori in carcere con donne detenute, che “il bello esiste e va ricercato ovunque”. Offrendo in questo modo una seconda chance a Donne e tessuti. Il modello di sviluppo sostenibile – a cui ambisce – non è quello della classica charity bensì quello di una impresa sociale, in grado di promuovere benessere a persone svantaggiate. Il lavoro svolto fino ad oggi ha permesso di “sdoganare” la paura di occuparsi di questi luoghi di marginalità per prendersene cura.

Un valore sempre più necessario in un momento, come quello attuale, nel quale la crisi economica e il dilagare della pandemia stanno indiscutibilmente portando ad un crollo di fiducia, ad un vero e proprio smarrimento di valori. Si fa, dunque, sempre più urgente la necessità di dotarci di una “cassetta degli attrezzi” comune, mossi dalla profonda convinzione che solo promuovendo il benessere si potrà creare ricchezza sociale ineludibile base di una nuova economia circolare. In grado di ripensare e rigenerare i modelli economici verso modelli circolari grazie a innovazione, design, tecnologia e nuove strategie di comunicazione.


In questo senso Made in Carcere ha sviluppato un’importante rete di sartorie sociali sul territorio nazionale. Le sartorie sociali di periferia coinvolgono persone che si trovano ai margini in situazione di forte difficoltà. Il modello di intervento prevede la donazione di tessuti, supporto alla creazione del logo per dare identità e, dunque, una propria dignità ad ogni realtà. Allo stato attuale sartorie sociali sono presenti a Lecce, Taranto, Bari, Grosseto, Verona ecc. l’obiettivo è quello di creare una diffusione sempre più estesa sul territorio per aiutare queste realtà attraverso la condivisione del Know-how. Un’eco che prosegue nel progetto di una multipiattaforma online, denominato 2nd Chance Platform, creata per permettere a piccoli artigiani della bellezza etica e sostenibile di dar vita a un loro store-online, dove pubblicizzare e vendere i loro prodotti. Si tratta di produttori che, altrimenti, non avrebbero visibilità e che riescono così a proporre le loro idee senza dover creare un dominio, pagare un sito ecc.
“Maison sartoriale”, un vero e proprio laboratorio in cui le celle sono state trasformate in sala lettura, in sala palestra, in cucine e lo spazio, riempito da divani, tappeti e mobili antichi, è utilizzato per organizzare corsi, permettere alle detenute di mangiare insieme, trascorrere del tempo leggendo, sfogliando riviste e giornali.

In questa sede, con attenzione particolare al settore tessile, è importante segnalare il caso di Lecce, un progetto che coinvolge oltre 15 detenuti – settore maschile – in una vera e propria cittadella del tessile che coordina tutta la logistica della “banca del Tessuto”, la sala taglio e la stampa etichette.
Più recentemente – il 5 giugno 2020 – è stato formalmente avviato il progetto BIL (Benessere Interno Lordo) – Nuovi modelli di Economia Rigenerativa 2nd Chance & Made in Carcere con il supporto dalla Fondazione con il Sud nell’ambito della programmazione “Vado a lavorare”(allegato1). L’ambizione è quella di influire in maniera sistematica sullo stile di vita delle persone (persone in stato di detenzione e non), trasferendo capacità creativa, consapevolezza e dignità, promuovendo le abilità professionali e relazionali. Il progetto si svilupperà su 3 Regioni: Puglia, Basilicata, Campania, coinvolgendo 65 detenuti in attività formative professionalizzanti nei settori tessile, food e agricoltura. Prevede l’attivazione di 52 tirocini e 26 contatti di lavoro. Social Academy – scopo primario è quello di trasferire il modello del social brand Made in Carcere (MIC) alle cooperative/associazioni che si occupano, nei diversi territori, di reinserimento lavorativo, al fine di renderle generative, economicamente sostenibili, e quindi capaci di creare posti di lavoro a loro volta. In questo processo la capacità di formare i formatori ricoprirà un ruolo di primaria importanza.