La storia della OTO Melara inizia due secoli fa, nel 1884, in Umbria: a Terni viene fondata la prima acciaieria Italiana ( La Terni) di proprietà dello Stato. Nel 1903, la Terni, ingloba due importanti cantieri navali, l’Odero di Genova e l’ Orlando di Livorno. Nel 1905 l’accordo commerciale tra l’inglese Vikers e la Terni porta alla nascita dell’omonima società appositamente creata per lo studio, sviluppo e produzione di armi e sistemi per la Marina e l’Esercito Italiani. Dopo aver contribuito alla costruzione di molte delle armi italiane usate nella Prima Guerra Mondiale, nel 1919 estende l’attività alla produzione civile producendo di tutto, dalle locomotive a vapore alle eliche per natanti e nel 1927 viene costituita la società Odero Terni e nel 1929 la Odero Terni Orlando cheproduce natanti, macchine utensili e armamenti. Al termine della seconda guerra mondiale, nei primi anni del dopoguerra la produzione dell’azienda venne convertita sulla realizzazione di prodotti civili come trattori, macchine tessili, carrelli elevatori, ingranaggi e cambi completi per Alfa Romeo. Il 19 aprile 1951 la società assume la denominazione Società Meccanica della Melara con sede a Roma e nel 1953 la denominazione “OTO Melara”, dal nome del quartiere spezzino di Melara su cui sorge l’impianto. Dopo l’entrata dell’Italia nella NATO, la società riprese la produzione nel settore della difesa progettando e realizzando carri armati pesanti come il Palmaria, il Dardo, il Centauro, OF-40 ed altri leggeri, alcuni dei quali in dotazione all’Esercito Italiano.
Dal 2001 l’azienda ha assunto nuovamente la denominazione Oto Melara S.p.A. ed è entrata a far parte del Gruppo Finmeccanica. Confluita nel gennaio 2016 nella Divisione Sistemi di Difesa nel progetto one company del Gruppo Leonardo, e cio’ da dicembre 2018
Negli ultimi mesi si fanno sempre più insistenti le voci (mai smentite finora) sulla cessione dell’ex Oto Melara da parte di Leonardo.
Quest’estate le suddette voci segnalavano Fincantieri come possibile acquirente. Tuttavia, di recente si parla di realtà industriali europee interessate alla business unit Sistemi Difesa del gruppo ex Finmeccanica. Secondo i sindacati cedere la divisione a soggetti europei significherebbe perdere “un settore altamente strategico, tra i principali fornitori delle forze armate italiane” che impiega tra diretti e indiretti 1500 lavoratori. Da ultime indiscrezioni sembrerebbe che il consorzio franco-tedesco abbia presentato all’industria della Difesa Italiana un’offerta per acquisire l’Oto Melara azienda leader nella produzione di cannoni, mezzi corazzati, siluri e droni subacquei. Alla parte terrestre dell’ex Oto Melara sembrerebbe interessata Rheinmetall”. Un interessamento sembra esservi anche da parte di Krauss-Maffei Wegmannm.
E’ bene ricordare inoltre che il negoziato con Fincantieri intanto è in corso da quest’estate e, secondo indiscrezioni, ha rallentato non solo per diverse valutazioni sul prezzo di cessione ma anche perche’ Profumo avrebbe avviato contatti anche con altri gruppi europei della difesa, in particolare, come si accennava in precedenza le tedesche Rheinmetall e Kmw.
Dobbiamo anche sottolineare che Leonardo si è impegnata a comprare una partecipazione del 25,1% nel gruppo Hensoldt impegnato nella produzione di radar e strumentazione elettronica di difesa entro la fine dell’anno, un’operazione che potrebbe valere attorno ai 600 milioni di euro e per il cui via libera da Berlino Leonardo potrebbe proporre come merce di scambio proprio la ex Oto Melara. La cessione, però, andrebbe ulteriormente a potenziare i concorrenti tedeschi già leader mondiale. Queste trattative hanno messo in allarme i sindacati preoccupati per il futuro dei quasi 1.800 dipendenti, di tutta la business unit Sistemi di Difesa che dà lavoro a un indotto che impiega in tutto altre 3.600 maestranze.
Tuttavia a preoccupare sono i danni dal punto di vista Nazionale e locale che vedremmo scivolare via l’eccellenza della nostra produzione in materia di difesa.
Il nostro paese, così facendo, perderebbe la capacità e l’egemonia del controllo del mercato prima e del sistema economico dopo, perché cedere, anche fosse solo il comparto terrestre del sistema difesa, al consorzio franco-tedesco implicherebbe per l’ennesima volta piegarsi al volere delle politiche liberali. La Spezia e l’Italia interaperderebbero un pezzo di storia, un pezzo di economia. In tutto questo a rimetterci saranno i lavoratori, ai quali non verranno garanti il mantenimento dei loro attuali stipendi e con essi i benefits di produzione.
Il Governo Draghi anche questa volta renderà l’Italia sottomessa al volere delle politiche europee e monetarie?
Realmente permetterà che l’eccellenza della nostra produzione in materia di difesa venga ceduta alla concorrenza?