Più dei voltafaccia dei partiti, della corsa alla santificazione, di un governo che nascerà anzitutto dentro Bankitalia, c’è una fotografia che sintetizza alla perfezione il dna del nascente esecutivo guidato da Mario Draghi, totalmente genuflesso all’Europa e ai suoi diktat. Devoto, servile, inginocchiato. Esattamente come Claudio Graziano, il generale al vertice del Comitato militare dell’Unione Europea che fece discutere per quell’inchino vistoso, cortigianesco, fatto all’allora presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker.
Graziano è attualmente il principale coordinatore militare delle politiche comuni di Difesa e in questi giorni il suo nome ha preso a circolare, con insistenza sempre maggiore, in quanto candidato autorevole alla poltrona di nuovo ministro della Difesa nel governo Draghi. La scelta perfetta per rassicurare ulteriormente Bruxelles e dare il vita a un esecutivo ancora più devoto all’Ue del precedente, pronto a gestire quelle briciole al quale è stato dato il nome di Recovery Fund e che arriveranno in misura limitata e con estrema calma. I cittadini, quelli alle prese con una crisi economica feroce, possono aspettare.
Una scelta perfetta, dunque, quella di Graziano, per far capirare l’aria che tirerà fino alla fine della legislatura. L’uomo che nel 2018, in un momento in cui forze come il M5S (quello vero, rabbioso, non la versione 2.0 totalmente addomesticata di oggi) sfidavano l’Europa e ne sbandieravano nelle piazze i mille difetti, ricordò a tutti con quell’inchino tutta la sudditanza del nostro Paese nei confronti della Troika. Suscitando polemiche feroci anche negli ambienti militari per quella sottomissione vigliacca, suonata come un tradimento innanzitutto nei confronti della patria.
Eppure, tutto sembra puntare nella sua direzione come futuro titolare della Difesa. 67 anni quasi compiuti, Graziano era diventato Capo di Stato Maggiore della Difesa nel 2014 e in seguito aveva assunto il comando delle Forze Armate italiane nel 2015. Nel 2020, attraverso le pagine di Repubblica, denunciava i pericoli delle cyber-guerre sottolineando come l’Europa avesse “stanziato fondi rilevanti per migliorare la capacità di reazione e garantire una sovranità tecnologica nei confronti di Stati Uniti e Cina”. L’uomo perfetto, indubbiamente, per il governo Draghi che verrà (tra gli osanna di quasi tutti i partiti).
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