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“Deve esserci solo il vaccino”, la guerra di Speranza ai farmaci anti virus

Pubblicato il 01/08/2022 14:43 - Aggiornato il 03/08/2022 13:46

L’interessante report giornalistico uscito sull’edizione odierna de La Verità apre con qualche passo del giuramento di Ippocrate, così da mettere subito in chiaro come avrebbero dovuto essere le cose, senza che però lo siano state. «Giuro di non intraprendere né insistere in procedure diagnostiche e interventi terapeutici clinicamente inappropriati ed eticamente non proporzionati, senza mai abbandonare la cura del malato». È un passo della formula ripetuta da ogni medico prima di iniziare a esercitare la professione. «Giuro di curare ogni paziente con scrupolo e impegno, senza discriminazione alcuna,
promuovendo l’eliminazione di ogni forma di diseguaglianza nella tutela della salute». Anche queste parole fanno parte di quell’impegno. Ma in Italia, negli ultimi due anni, sono state del tutto disattese. Deve esserci solo vaccino. Questo sembra essere il diktat imposto dal governo, a discapito delle cure.
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Scorte piene ma pochissime prescrizioni

Nelle ultime settimane si è registrato un vertiginoso calo delle prescrizioni di pillole antivirali contro il coronavirus. Secondo quanto emerge dal quindicesimo rapporto dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) sull’impiego di questi medicinali somministrabili a domicilio, dal 14 al 20 luglio le richieste per Molnupiravir di Merck sono diminuite del 13,01%, e quelle per Paxlovid di Pfizer sono scese del 14,77%. Un dato preoccupante se consideriamo che il freno è stato tirato proprio in un momento in cui i contagi aumentavano. Medicinali letteralmente nascosti ai pazienti proprio nel momento in cui se ne sarebbe più necessitato. Le forniture alle farmacie sia di Molnupiravir sia di Paxlovid sono raddoppiate. L’aumento è del 100,28%. Ma, ad un certo punto, non sono stati più prescritti. La domanda sorge spontanea: perché con una media di 1.150 morti a settimana, invece di trattare immediatamente e sempre di più i pazienti a rischio di Covid grave con gli antivirali, si frenano le prescrizioni?
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La gestione dei farmaci anti virus

Difficile trovare una risposta. Benché i virologi di tutta Italia da mesi si sgolino per garantirne l’efficacia, i medici di famiglia hanno praticamente fermato le loro prescrizioni. Finora è stato utilizzato solo il 10% dei 600.000 cicli di farmaci antivirali acquistati dall’Italia per la terapia anti Covid. Inoltre, quelli non prescritti scadranno entro l’anno. Dunque, in soli cinque mesi potremmo veder bruciare circa 500 milioni di euro. Un altro problema è il loro mero utilizzo medico. Questi farmaci, infatti, vanno somministrati entro 5 giorni dalla comparsa dei sintomi e sono indicati per trattare le forme lievi e moderate. Invece sta accadendo troppo spesso che i medici di medicina generale tendano a prescriverli quando i sintomi sono gravi.
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Deve esserci solo il vaccino

Insomma, è tutto sbagliato. I medici di famiglia sono poco informati perché questi farmaci sono esclusi dagli aggiornamenti formativi: i farmaci autorizzati in maniera non definitiva all’immissione in commercio, non possono essere accompagnati da corsi di formazione. Nello scorso febbraio, l’accordo per la fornitura di 600.000 dosi l’anno messo a punto da ministero della Salute e Aifa, è stato il frutto di una stima prudenziale. L’ordine di questi medicinali era stato effettuato senza voler esagerare nei numeri per evitare sprechi e mancati utilizzi. Dunque, com’è possibile che ci siamo ritrovati ad usarne soltanto il 10%? Se si analizza la situazione ciò che risulta è che non esiste un motivo valido per queste mancate prescrizioni, se non l’evidente volontà di qualcuno nel mantenere soltanto il vaccino come unica soluzione per il Covid. Questo benché, specifica La Verità, i farmaci non presentino particolari effetti collaterali, se non qualche disordine intestinale ed un certo sapore metallico in bocca nei primi due giorni, al contrario dei ben più pericolosi effetti avversi dei vaccini.
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L’Italia boicotta le cure

In Italia sembra esserci un vero e proprio embargo sull’espressione «farmaco anti Covid». In nome del vaccino, in Italia la cura è stata dimenticata. Si parla soltanto di prevenzione vaccinale e mai di cura, nonostante la scienza medica si occupi di entrambe. Ricorderete tutti, ad esempio, la storia degli anticorpi monoclonali. Il 29 ottobre 2020 una famosa casa farmaceutica offrì gratuitamente 10.000 dosi di monoclonali al nostro ministero della Salute che, inspiegabilmente, rifiutò. Dopo qualche mese, sotto la pressione mediatica, tutte quelle fiale furono comprate dal ministro Roberto Speranza a peso d’oro, tanto che la Corte dei conti, altro scoop di Fuori dal coro, aprì un fascicolo per danno erariale. Un’assurdità scoprire, poi, che più passava il tempo e meno venivano usati nonostante ne fossero state acquistate migliaia di dosi, con ingente spesa pubblica. Insomma, sembra proprio che qualcuno abbia deciso che deve esserci solo il vaccino.

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