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La Fondazione dei Socialisti europei accusa D’Alema: “Deve restituirci 500mila euro”

Pubblicato il 13/05/2021 15:40 - Aggiornato il 13/05/2021 16:04

Una vicenda ingarbugliata che i suoi compari socialisti europei sintetizzano così: “Massimo D’Alema ci deve restituire 500mila euro”. Mica bruscolini… La Feps, Fondazione degli studi progressisti anche detta Fondazione dei Socialisti europei, ha infatti intentato una causa giudiziaria nei confronti di “Baffino”. Stando alla ricostruzione di Repubblica ripresa oggi da quasi tutti i quotidiani nazionali, questa somma di denaro sarebbe stata intascata – a detta degli ex amici di D’Alema – illegittimamente. Laszlo Andor, segretario generale dell’Associazione, spiega: “Abbiamo presentato l’azione legale venerdì scorso”. (Continua a leggere dopo la foto)

Dal canto suo, D’Alema ha prontamente replicato: “Iniziativa immotivata. Andremo in giudizio e poi sarò io a chiedere i danni. Di certo è una vicenda che davvero mi amareggia”. MA facciamo un passo indietro. Ricostruisce Il Giornale: “D’Alema viene eletto presidente della Fondazione nel giugno del 2010 e fino al 2013 ricopre quella carica senza alcuna remunerazione. Nulla di strano dal momento che tutti i suoi predecessori avevano fatto lo stesso”. Ma quando D’Alema smette di essere parlamentare, nel 2013, e fino al 2017, anno in cui abbandona la Fondazione, le cose sarebbero cambiate. Come? (Continua a leggere dopo la foto)

“Un contratto da 120mila euro l’anno. Quest’ultimo sarebbe stato siglato insieme al tedesco Ernst Stettern, Segretario Generale della Fondazione. Il grande problema risiede nel fatto che la Feps è registrata in Belgio come associazione senza scopo di lucro ma soprattutto che di quel contratto non sarebbe stato detto niente a nessuno. Organismi dirigenti, Assemblea e Bureau, ossia il Consiglio di amministrazione, ne sono completamente all’oscuro. Seconda la ricostruzione di Repubblica, è anche difficile che se ne accorgano dal momento che i pagamenti non sarebbero stati effettuati con i canali digitali e il documento sarebbe stato gelosamente custodito e mai mostrato”. (Continua a leggere dopo la foto)

Sarebbe saltato tutto quando Stetter ha terminato il mandato come segretario generale e a lui è subentrato l’economista ungherese Laszlo Andor, il quale già sa che in breve tempo il Parlamento europeo avrebbe richiesto un controllo sui bilanci. “Per questo motivo, Andor avrebbe cominciato ad indagare per permettere alla Fondazione di continuare a ricevere i sostanziosi sostegni da Strasburgo che, è bene ricordarlo, sono finanziamenti pubblici. Viene, dunque, portato avanti un audit interno e il dossier passa ad un meccanismo esterno di verifica. C’è un incredibile risultato: nel 2017, l’anno in cui D’Alema abbandona il suo ruolo di Presidente del Feps, vi sarebbe stato un notevole risparmio nel costo del lavoro. Il fatto che non ci siano stati licenziamenti fa infittire il caso e l’indagine viene approfondita. Esce fuori il contratto intercorso tra D’Alema e Stettern”. (Continua a leggere dopo la foto)

Immediata la reazione della nuova dirigenza la quale contatta incessantemente l’ex presidente per fare in modo che quei soldi tornino alla fondazione così da poter rassicurare il Parlamento europeo. “Ma soprattutto per avere la possibilità di continuare a ricevere i finanziamenti, senza i quali la Feps avrebbe una vita molto complicata. D’Alema, però, risponde contrariato”. La Feps, a questo punto, fa presente l’obbligo di sottoporre il contratto al Bureau e all’Assemblea. “Non è vero che doveva passare all’esame del Bureau. Non hanno nemmeno voluto ascoltare il segretario dell’epoca, Stetter – la risposta di D’Alema -. Lui aveva proposto di pagare le mie prestazioni intellettuali. Che ho fatto valutare da una società ad hoc: valgono di più di quel che mi hanno dato. E alla Feps ho anche regalato un libro senza pagare i diritti”.

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