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Così Arata tentò di piazzare Siri al governo: “Ci hanno fermato quei rompicoglioni dei 5 Stelle”

Pubblicato il 23/07/2019 15:37 - Aggiornato il 24/07/2019 12:53

La sfrontatezza di chi nel decreto sulle rinnovabili era sicuro di poter “far mettere quello che vogliamo”. Il biometano. E la determinazione a fare il possibile per inserire Armando Siri nel governo, scontrandosi però con le resistenze dei Cinque Stelle. Così agiva Paolo Arata, l’imprenditore che, stando alle intercettazioni emerse in queste ore, tentava di piazzare l’ex sottosegretario leghista nell’esecutivo. Non in un ruolo marginale, tra l’altro, ma con “un importante incarico”.

I piani di Arata si erano però scontrati con delle difficoltà. E così ecco arrivare le telefonate a Nicasti (“il re dell’eolio” Vito e il figlio Manlio) durante le quali l’imprenditore mostrava tutta la sua impazienza di fronte al Movimento Cinque Stelle e al suo ostruzionismo: “Questi rompono sempre i coglioni”.

Al centro del dialogo c’è in particolare un emendamento sugli incentivi per il cosiddetto mini eolico che avrebbe fatto guadagnare a Nicastri circa un milione di euro, poi bloccato dall’opposizione proprio dei grillini. “Doveva rientrare nel nuovo decreto, questo delle rinnovabili” dice Nicastri. “Lì non c’è rientrato per colpa dei Cinque Stelle” replica Arata.

Tutte conversazioni che sono state trascritte dalla Dia di Trapani e depositate dai pm di Roma nell’ambito dell’inchiesta che vede l’imprenditore e l’ex sottosegretario del Carroccio entrambi accusati di corruzione: pietra dello scandalo, una tangente da 30 mila euro proprio per far approvare quell’emendamento. Arata e il figlio Federico si giocarono, risulta dalle indagini, anche altre carte per tentare di sponsorizzare Armando Siri. Tra queste, anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella: i due tentarono di utilizzare un ambasciatore americano per portare al Colle le loro esigenze, ma il tentativo di approccio si rivelò fallimentare e tutto finì con un nulla di fatto.

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