La smania di potere del premier Conte e del suo governo è decisamente fuori controllo. La maggioranza, infatti, sta pensando seriamente di prorogare i termini previsti per la scadenza degli stati di emergenza e delle contabilità speciali. Da quanto riferisce l’Adnkronos (e non un giornale sovversivo) è “quanto prevede la bozza del dl Rilancio. I termini di scadenza degli stati di emergenza dichiarati e in scadenza entro il 31 luglio 2020 e non più prorogabili ai sensi della vigente normativa, sono prorogati per ulteriori sei mesi”, si legge nell’articolo della bozza dove si precisa che non ne derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.
E il bello è che se la prendevano con Orban. Cosa cambia qui? La fine dello stato di emergenza, dunque, si sposta in avanti di altri sei mesi: oltre Ferragosto, oltre Natale, ma anche oltre Capodanno, arrivando fino al 31 gennaio 2021. Lo prevede l’articolo 20 del Decreto Rilancio voluto da Conte – anche se va detto che il testo non è ancora quello definitivo. Quanto agli effetti sulla finanza pubblica, l’art. 20 esclude “nuovi o maggiori oneri”. Alle attività connesse alle proroga, si legge, “si provvede nell’ambito delle risorse già stanziate a legislazione vigente per i relativi stati di emergenza”.
Qui, però, sembra che chi è davvero in stato di emergenza è Conte e il suo governo, e ormai certo di essere presi d’assalto da cittadini e opposizioni, hanno pensato bene, Conte in testa, di blindare la poltrona assicurandosi poteri speciali per altri 6 mesi. La questione è gravissima, oltre che molto delicata. Come mai, però, nessuno grida al golpe? Come mai non si levano voci scandalizzate per il pericolo della “tenuta democratica”? Dove sono quelli dei “poteri speciali” di Salvini che facevano morale a destra e manca?
Il presidente Cartabia, con la consueta sensibilità istituzionale, ha qualche giorno or sono colto l’occasione per ricordare che la Costituzione italiana – a differenze di altre Carte, democratiche pur esse – non prevede e non disciplina lo “stato d’emergenza” ossia le forme e i limiti della dichiarazione d’emergenza da qualunque autorità sia proclamata (in genere il governo e/o il parlamento). Lo stato d’emergenza è il prologo più prossimo dello stato d’eccezione e che i poteri repubblicani, nel vuoto costituzionale, ne avvertano tutta l’ammaliante insidia e il vertiginoso abisso di autorità.
Come sottolinea anche Il Riformista, “la mancanza di una clausola costituzionale sull’emergenza manifesta oggi forse uno delle crepe più vistose nell’architettura del sistema disegnato nel 1947 e il vuoto di regole ha finito per ergere a ‘sovrani’ organi e funzioni che la Costituzione non voleva in alcun modo legittimare in questa posizione assolutistica di autoregolazione delle emergenze permanenti”.
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