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Ci vada Boccia a fare la guardia civica

Pubblicato il 27/05/2020 10:55

di Savino Balzano.

Se ieri Boccia avesse dichiarato in conferenza stampa e a reti unificate “ho preso il muro fratellì!” avrebbe fatto certamente una figura più dignitosa: sbugiardato dal Governo, sorpassato persino da Renzi su certi temi, ha recitato invece una parte da non dormirci più la notte.

Quella degli “assistenti civici” è l’ennesima dimostrazione di quanto alcuni sostengano ormai da anni: lo Stato, guidato da questa politica insana e asservita ai potenti, non persegue più l’interesse collettivo e generale della nazione.

Lo Stato si astiene, durante questa pandemia lo abbiamo visto fare diverse volte, e quello che è fondamentale comprendere è che astenersi non vuol dire non esercitare una scelta o non assumere un indirizzo ben preciso: quando la società è divisa da interessi contrapporsi, l’astensione dello Stato corrisponde al sostegno offerto a chi fisiologicamente è più forte e potente, il Capitale.

Questa non è una roba veterocomunista, questo è l’articolo 3 della Costituzione: non basta affermare l’eguaglianza tra i cittadini, dal momento che è compito della Repubblica assumere un atteggiamento attivo al fine di rimuoverne gli ostacoli.

Astenendosi, è molto semplice, lo Stato protegge gli ostacoli.

Durante la pandemia lo abbiamo visto e rivisto: lo Stato, provando a distrarre l’opinione pubblica con la fregnaccia dei runner, è intervenuto con estremo ritardo nel sospendere le attività produttive al nord, costringendo i lavoratori nelle metropolitane a contagiarsi e a portare il virus a casa alla famiglia; lo Stato con estremo ritardo e resistenza ha riconosciuto la malattia ai lavoratori in quarantena, ai quali chiedeva di scontarla a proprie spese, mediante il ricorso alle ferie o ad altre spettanze; lo Stato per lungo tempo si è astenuto dal riconoscere i seppur minimi ammortizzatori sociali necessari a far fronte alla perdita di reddito di molti lavoratori e, anzi, non volendo fare debito pubblico, ha ben pensato di costringere le aziende a farne di privato per sostenere il sistema con la bufala chiamata Decreto Liquidità; lo Stato si è ritratto a qualsiasi assunzione di responsabilità diretta circa la gestione della crisi, scaricando su Regioni e Enti locali le responsabilità e delegando alle aziende l’assunzione delle precauzioni necessarie a mettere i lavoratori in sicurezza, esimendosi persino dall’operare controlli seri sui luoghi di lavoro.

Ed è così che l’Italia si è trasformata in una gigantesca Taranto di morte, con la povera gente dilaniata dal bisogno di lavorare e dalla istintiva lotta volta a tutelare la propria salute e quella dei propri cari.

E dopotutto che ha fatto lo Stato con le acciaierie di Taranto? Si è astenuto che tanto come da copione a prenderla in saccoccia sono sempre loro, gli ultimi: lavoratori e cittadini.

Il Capitale per definizione è interessato al profitto e non nutrirà alcun interesse diretto alla salvaguardia della salute e della vita: solo lo Stato, nazionalizzando quegli stabilimenti, potrà assumersi questa responsabilità, quella di tutelare lavoro e salute, proprio come la Costituzione gli ordina con gli articoli 4 e 32.

E l’ultima pagliacciata degli “assistenti civici” è coerente con la condotta che questa politica tiene ormai da tempo: è stato individuato il nuovo nemico pubblico numero 1, che forse sarebbe meglio definire il nuovo distrattore pubblico numero 1, la “movida” e lo spirito di perdizione dei giovani, e piuttosto che farsi carico delle esigenze di ordine pubblico conseguenti, lo Stato propone un bando per 60 mila volontari.

Come se il mondo del volontariato non fosse già abbondantemente sfruttato per mal celare forme di lavoro gratuito (anche nel pubblico, basta guardare al mondo della cultura e dei musei), qui si pensa bene di delegare ai volontari persino il compito di presidiare le strade. La cosa è grave, si arriva addirittura a sostenere che questi volontari debbano mettersi a disposizione dei Sindaci e del Governo: piuttosto che essere le istituzioni a servire il Paese e il suo Popolo, qui si arriva a rovesciare la dialettica e a pretendere che sia il Popolo a genuflettersi a questa gente qui.

Non basta: nell’idea originaria parrebbe fosse contenuta la clausola per cui questi assistenti dovessero essere individuati tra i precettori di reddito di cittadinanza o altri ammortizzatori sociali.

L’idea era (e per questa gente forse lo è ancora) quella di concepire un sussidio di inclusione e lotta alla povertà, magari senza contribuzione previdenziale, come forma di retribuzione vera e propria e sticazzi l’articolo 36 della Costituzione.

È una vergogna e pensare che tale proposta indecente sia il frutto dell’ingegno di Boccia e Decaro, due esponenti del Partito Democratico, gente che si professa di centro sinistra, fa veramente salire il sangue alla testa: chi rappresentano, chi tutelano, chi garantiscono? Su quale Costituzione prestano giuramento questi individui?

Ci vada Boccia a fare l’assistente civico, la indossi lui quella pettorina ridicola, e lo dimostri per davvero quel senso civico che la sua proposta è assai lungi dal rappresentare: il suo sì, che è uno stipendio conforme a quanto prescrive la Costituzione; i suoi sì, che sono emolumenti sufficienti a garantirgli un’esistenza “libera e dignitosa”.

Oppure ci vada Decaro, se proprio ci tiene, che tanto è abituato a farsi riprendere “per caso”, mentre va in giro platealmente a chiudere i parchi pubblici della città di Bari.

E questi sono gli stessi che vanno in TV a commuoversi per pensionati e immigrati: ipocriti!