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Chi ha ucciso Camilla Canepa: svolta nell’indagine. Lo scoop de LaVerità e le carte della Procura

Pubblicato il 11/04/2024 07:58
Camilla Canepa Astrazeneca

Una nuova svolta nella indagine della Procura di Genova per la morte della giovane Camilla Canepa in seguito alla vaccinazione Covid. Tre dei cinque camici bianchi indagati hanno dichiarato di non essere stati a conoscenza del primo documento che aiutava a identificare precocemente e gestire nel modo più appropriato la Vitt, acronimo inglese della trombocitopenia trombotica immunitaria indotta da vaccino. Come riferiva il protocollo, “un evento che se non adeguatamente trattato può anche avere esito fatale. E può insorgere 4/36 giorni dopo la vaccinazione con Vazevria”, il vaccino di Astrazeneca. Ed è proprio la Vitt che ha colpito Camilla dopo la prima dose di Astrazeneca. La ragazza aveva deciso di partecipare a uno degli Open day promossi dal governo per poter così ottenere il Green pass e il ritorno alla vita, alla libertà. Il ricatto, infatti, era proprio questo. E così, il 25 maggio 2021, a 18 anni, andò a farsi inoculare il vaccino che il governo definiva salvifico. Camilla è morta per emorragia cerebrale provocata da una trombosi al seno cavernoso il 10 giugno, due settimane dopo la puntura. (Continua a leggere dopo la foto)
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Come ricorda Patrizia Floder Reitter, che su LaVerità dà queste importanti novità sull’indagine, la morte di Camilla è stata “ragionevolmente da riferirsi a un effetto avverso da vaccino anti Covid”, come scrissero il medico legale Luca Aiana e l’ematologo Franco Piovena. Per questo 5 medici sono indagati: a quattro di loro è contestato il reato di omicidio colposo. “A tutti gli indagati, la Procura contesta anche il reato di falso ideologico per non avere segnalato, nella documentazione sanitaria, che la giovane era stata sottoposta a vaccinazione anti Covid”. Però tre dottori hanno dichiarato ai carabinieri dei Nas che non avevano letto il protocollo dell’Agenzia regionale per la sanità (Alisa), arrivato al primario del pronto soccorso di Lavagna il 28 maggio. La difesa, dunque, è che le linee guida che avrebbero potuto salvare la ragazza sono state spedite ai sanitari in ritardo. Camilla si era sentita male il 3 giugno, era stata portata all’ospedale di Lavagna con forte cefalea e fotosensibilità. “Le avevano somministrato antidolorifici, ma non venne effettuato alcun accertamento diagnostico”. Il mattino successivo le fecero una Tac, senza mezzo di contrasto, e dopodiché fu dimessa. Il 5 giugno tornò nello stesso pronto soccorso in condizioni disperate. (Continua a leggere dopo la foto)

L’odissea di Camilla l’ha poi vista trasferita alla neurochirurgia dell’ospedale San Martino di Genova, dove fu operata alla testa. Purtroppo per lei, però, ormai non c’era più nulla da fare. Morì. “Fino al 6 giugno 2021 ai sanitari non era stata diramata alcuna direttiva afferente ai protocolli di assistenza ai pazienti con eventi avversi post vaccinazione contro il coronavirus Sars-COV-2”, si legge nelle carte dei Nas in mano alla Procura che ora dovrebbe indagare anche sul ruolo svolto dal Comitato tecnico scientifico nell’autorizzare gli Open day con i vaccini a vettore adenovirale “a tutti i soggetti di età superiore ai 18 anni“, quando a quella data, 21 maggio 2021, l’Alfa ancora raccomandava l’uso preferenziale del vaccino Astrazeneca “in persone di età superiore a 60 anni”, considerato che al di sotto di quella età Ema “aveva raccolto segnalazioni di eventi trombotici”.

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