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Auto e casa nel mirino della Ue: per fortuna non siamo i soli a dirlo

Pubblicato il 07/08/2023 19:15 - Aggiornato il 08/08/2023 11:19

Di Gianluigi Paragone – “C’è da chiedersi cosa penserebbero i nostri preistorici antenati ad apprendere milioni di anni dopo che la scoperta del fuoco, e la sua domesticazione, sia tacciata di mettere a rischio la sopravvivenza della specie sul pianeta e che per preservare la vita in un clima ostile si stia valutando – perché così viene chiesto – di fare a meno da qui in avanti proprio di quella scoperta che ci hanno lasciato come testamento evolutivo: la combustione”.

Lo scrive l’esperta di Affari Istituzionali europei Valeria Palmisano Chiarelli sull’ultimo numero di Energia, un rivista di settore diretta dall’ex ministro Alberto Clò, grande amico di Romano Prodi. Non si tratta insomma di una rivista negazionista, incline alle predicazioni di quegli ambienti che, nella vulgata mediatica, mescolano ogni posizione di dissenso, dalla questione dei vaccini alla guerra in Ucraina, passando appunto per il clima. (Continua dopo la foto)

“Uno dei motivi per cui alcune delle ricette per la decarbonizzazione proposte da questa Commissione europea restano così controverse va forse ricercato nel fatto che, in modo draconiano, hanno toccato quanto, nell’immaginario collettivo, più rappresenta l’emancipazione delle famiglie italiane nella ripresa economica del dopoguerra: la casa e l’automobile”. Toh, quando mi capita di andare in televisione e criticare l’architettura normativa “salva Pianeta” (il Fit for 55) e fare riferimento alle particolari disposizioni sull’auto elettrica e sull’adeguamento, a spese del proprietario, delle case alle nuove classi energetiche, mi viene sempre detto che faccio disinformazione, che distorciamo la normativa e che creiamo allarme sociale. Per fortuna, a quanto pare, non siamo i soli a pensarla così. Nessuna negazione ma solo critica sacrosanta. 

“Che questo ciclo istituzionale (la Commissione Von Der Leyer ndr) sia stato affetto da bulimia normativa è ormai sotto gli occhi di tutti”, prosegue la Palmisano Chiarelli, la quale ricorda come persino Macron in Francia sta chiedendo una “pausa normativa europea sugli standard ambientali”. Pertanto facciamo bene, come governo italiano, a chiedere la verifica di precise condizioni, tra cui lo sviluppo nell’Unione di una catena del valore per i motori elettrici e per le batterie; un approvvigionamento sostenibile e diversificato delle materie prime necessarie;
adeguate infrastrutture di ricarica e rifornimento; un potenziamento della rete elettrica per far fronte all’aumento della domanda e l’accettazione da parte del mercato di veicoli nuovi, che dovrebbero essere disponibili a un prezzo abbordabile, in particolare per le famiglie e i consumatori più vulnerabili. (Continua dopo la foto)

Non è la prima volta che la rivista Energia (che invito ad acquistare e conservare) mette in luce l’atteggiamento normativo draconiano della Commissione e le ricadute sociali che esso comporta, soprattutto in Italia dove siamo per lo più proprietari di casa. Quanto costa la trasformazione green e quanti benefici produrrebbe? “Sino a 420 miliardi di euro per l’obiettivo più ambizioso, a fronte di una riduzione dei consumi energetici attuali del settore di circa il 50%”, sentenzia uno studio sempre pubblicato da Energia. “Generalizzando, ogni famiglia interessata dalla Direttiva «case green» dovrebbe sostenere un costo di circa 22.000 euro, con un risparmio sulla bolletta di circa 1.000 euro all’anno. È una valutazione di massima (…) tuttavia, questi macro-dati mettono in luce la difficoltà per una famiglia nel sostenere un costo che avrà mediamente dei tempi di ritorno oltre i 15 anni e che non sarebbe sostenibile senza l’aiuto di finanziamenti pubblici”.

Il discorso del cambiamento climatico e le nuove norme che in Europa vengono prodotte non sembrano procedere in sincrono, anzi – a ben guardare – oltre a favorire determinate produzioni, disallineano le economie a vantaggio di quei Paesi che del dumping ambientale hanno abbondantemente approfittato per crescere. Lo dicevo l’altra sera in televisione: la Cina fu fatta entrare nel Wto nel 2001, dopo un negoziato lungo 15 anni. Ebbene, nessuna delle regole impattanti sull’ambiente – già ridotte all’osso – fu rispettata ma nessuno ha battuto ciglio perché il mercato cinese serviva anche all’Occidente globalista. Adesso i progressisti globalisti e mondialisti vorrebbero il mondo migliore perché si sono accorti delle trasformazioni nel Pianeta.